Mi vivi dentro

Gabriella Cantafio

Alessandro Milan
DeA Planeta, 260 pp., 17 euro

Due biondini arruffati con occhioni cerulei che scrutano goffamente il mondo. A fare da sfondo uno studio radiofonico in cui si danno il turno per lanciare notizie, musica ed evitare colpi di sonno. E’ proprio l’intontimento delle sei di mattina, un cellulare scambiato per sbaglio, a far scattare la scintilla tra i due. Non si tratta del plot di una fiaba o di una commedia d’amore bensì della storia vera dei giornalisti Francesca Del Rosso e Alessandro Milan. Un dialogo surreale, un invito al cinema, poi una mostra, un aperitivo, una gita in montagna: la storia d’amore tra due anime affini che si incontrano e si innamorano “così come ci si addormenta: piano piano, poi profondamente”. Milan ha così deciso di racchiudere in un libro, Mi vivi dentro, una vita caoticamente perfetta in quel di Milano, ben presto coronata dal matrimonio e dalla nascita di due “pettirossi”, offuscata però, nel 2010, da una nube minacciosa:  un sassolino si insedia nel giovane corpo della moglie.
Il nemico temibile bussa alla sua porta, ma lei non si lascia abbattere e manda ad aprire Wondy, la sua parte più tenace e combattiva. Proprio in onore della resilienza di Wondy, venuta a mancare nel dicembre 2016 dopo aver raccontato con ironia e coraggio le sue chemioavventure in un blog su Vanity Fair e successivamente in un libro, Milan, che alla giovane moglie ha già dedicato un’associazione culturale e un premio letterario, ci ha tenuto a racchiudere in un libro l’eroica testimonianza di essere umano che sceglie di reagire.
Mi vivi dentro si rivela così la naturale prosecuzione dell’ottimismo che sopravvive alla peggiore delle tragedie. Un inno alla positività, al bicchiere sempre mezzo pieno di mojito, in cui Milan ha trovato il coraggio per non arrendersi dinanzi alle difficoltà, di sperare fino alla fine. Viaggi su e giù per il mondo, nottate in radio, fogli sparsi con appunti, battibecchi per cene mai pronte, improvvisamente vengono sostituiti da corse in ospedale, ripetute Tac e Pet, sedute di radioterapia, chemioterapia e speranze in farmaci sperimentali. Ma il “percorso di dolore” è sempre disseminato di sorrisi e coraggio perché, come sosteneva Del Rosso, “io non sarò mai la mia malattia”.
Pezzi di vita, ormai intimi ricordi, senza sequenza temporale, si susseguono nel libro intonando un canto dell’amore universale che resiste alla forza divoratrice del cancro e controbatte con la vitalità dell’affetto famigliare che riesce a tenere saldo “quel quadrato rimasto senza il suo vertice, dove rischiano di entrare spifferi di aria gelida”.
“Forse, più della nausea, condividevamo un pezzo di tumore.
Solo che a lei mangiava il corpo, a me l’anima”: è il grido silenzioso di chi vive accanto e vede l’amore della sua vita allontanarsi giorno dopo giorno, suo malgrado. E’ il senso di vuoto, talvolta insopportabile, mai retorico ma sempre ironico e audace. Come Wondy che, ormai consapevole di essere giunta al capolinea, progetta il dopo senza di lei per i suoi figli, che non potrà vedere crescere, lasciando liste e volontà in penombra.
La vita inesorabilmente finisce, la resilienza non riesce a sopraffare il male che si diffonde e pervade, ma Milan, seppur stremato, racconta con semplicità un amore eterno che resta e non ha paura di restare, anche nei momenti più difficili.
Addolciti da gocce di inesauribile ottimismo, segnali dal cielo che fanno capire come si vive sorridendo, nonostante tutto. 

 

MI VIVI DENTRO
Alessandro Milan
DeA Planeta, 260 pp., 17 euro

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