Storia della pioggia

Giorgia Mecca
Nial Williams
Neri Pozza, 367 pp., 17,50 euro

    "Tutti raccontiamo storie. Le raccontiamo per dimenticarci del mondo o per comprenderlo meglio”. A Faha, paesino nel sud dell’Irlanda, è cominciato a piovere nel Sedicesimo secolo e da quel momento non ha più smesso; il fiume Shannon scorre velocemente, come se fosse impaziente di scivolare altrove. Se c’è una cosa che può insegnarti un fiume è che ogni cosa è diretta sempre da qualche altra parte. Ruth Swain questo lo sa bene, vive sulla riva dello Shannon da quando è nata. Adesso ha 19 anni e una malattia dalla quale non guarirà la costringe a letto: il fiume può solo sentirlo da lontano. Prima di morire, suo padre le ha lasciato una libreria con i migliori libri di questo mondo, lei ha promesso che li leggerà tutti. Ruth racconta storie per scacciare il male di vivere e perché spera, in qualcuna di quelle pagine, di ritrovare suo padre Virgil, il poeta. Finalista al Man Booker Prize, il più prestigioso premio letterario britannico, il libro di Nial Williams racconta la vita di un uomo attraverso lo sguardo di sua figlia. Non solo però. Tra le pagine di questo romanzo si incontra tutta la letteratura del nostro passato: Charles Dickens con le sue grandi speranze, Moby Dick e il mare in tempesta, e poi Anna Karenina: a volte Ruth vorrebbe che si sedesse proprio accanto a lei. C’è anche Jane Austen che avrebbe dovuto sposarsi ma poi ci ripensò e annullò il matrimonio. Meglio così, commenta Ruth: “Una Jane Austen felice non sarebbe servita proprio a niente nel mondo della letteratura”. Ruth ha uno stile ridondante e anacronistico, la professoressa a cui mostra i manoscritti glielo ripete in continuazione. Lei però non è d’accordo: sono gli uomini a essere complicati, c’è sempre qualche sfumatura misteriosa, qualche doverosa digressione. La storia di Virgil Swain è per lei un viaggio a ritroso tra i sogni e la gloria che la sua famiglia non ha mai conosciuto. La loro filosofia prevede un unico esito: il fallimento. Abraham, il papà di Virgil, ha aspettato per tutta la vita una chiamata da Dio, una vocazione. Invece si è ritrovato in mezzo alle trincee della Prima guerra mondiale. Vivo per miracolo, a vent’anni è già un reduce e gli capita spesso di maledire quel tedesco che colpendolo non è riuscito ad ammazzarlo. Per vendetta nei confronti del Signore, Abraham ha giurato che suo figlio non metterà mai piede in una chiesa. La domenica mattina in Irlanda “paese di cattolici e di assassini” sono tutti a messa e per le strade della campagna regna un silenzio di tomba. Virgil, rimasto da solo a casa, gioca a fare l’orfano. Legge tutto quello che trova. Forse è per questo che poi diventerà un poeta. “Sai fare qualcosa?”, gli chiedono un giorno. Lui non sa proprio cosa rispondere: conosce Achab e Ismaele, conosce Emma Bovary, le maree e le tempeste, conosce soprattutto gli abissi. No, Virgil non sa fare nulla. Gli è capitato di andare per mare ma non ci ha trovato niente. A volte ha paura che tutto quel tempo sia trascorso inutilmente. “Cosa bisogna farne di questa vita?”. Lui non riesce a rispondere. Sulla riva di quel fiume perennemente agitato, un giorno però finalmente riesce a trovare un posto in cui fermarsi e Mary, una donna che lo ama. Ma in realtà non appartiene a niente e a nessuno; guardando i suoi figli Aeney e Ruth, Virgil si accorge che anche loro sono esattamente come lui. “Ognuno si adatta alla propria storia, è così che va il mondo. Nella nostra pioveva sempre e nostro padre scriveva poesie nel sottotetto”. A volte Ruth avrebbe voluto avere un papà normale, non un poeta. Adesso ormai però non importa più: tutte le ferite prima o poi si rimarginano. Raccontando la vita di suo padre Ruth Swain per la prima volta si rende conto del potere che hanno le storie e capisce che anche questa volta il tempo ha fatto ciò che fa sovente. E’ riuscito a trasformare le tragedie in fiabe.

     

    STORIA DELLA PIOGGIA
    Nial Williams
    Neri Pozza, 367 pp., 17,50 euro