Ansa

lettere al direttore

Rafforzare la terzietà dei giudici significa rafforzare la Costituzione

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Il Sindacato dei Magistrati del Ministério Público portoghese (SMMP) ha diffuso un sorprendente documento di solidarietà alla magistratura italiana, esprimendo “profonda preoccupazione” per la riforma che introduce la separazione delle carriere. Secondo l’SMMP, la riforma minaccerebbe l’indipendenza e l’autogoverno, inscrivendosi in una presunta “regressione democratica”. Eppure, come osserva Paulo Pinto de Albuquerque – già giudice portoghese della Corte europea dei diritti dell’uomo – queste affermazioni risultano contraddittorie alla luce dell’esperienza portoghese. Pinto, nella sua intervista alla Rivista Diritto di Difesa (11 novembre 2025), ricorda infatti che la separazione delle carriere fu in Portogallo una “conquista fondamentale per la democrazia”, tale da rafforzare le garanzie dei cittadini e la credibilità della giustizia. Una valutazione condivisa dallo stesso presidente dell’SMMP, Paulo Lona, che in un’intervista al Foglio (6 dicembre 2025) ha ribadito che il modello non indebolisce la magistratura e che il sistema continua a funzionare in modo efficace. Il paradosso è evidente: i magistrati portoghesi criticano l’Italia per aver adottato un assetto che in Portogallo funziona da decenni, con pieno consenso di giudici, pubblici ministeri, avvocati e cittadini. Come nota Pinto, nulla suggerisce che in Italia la separazione dovrebbe produrre effetti opposti, considerando che i due paesi condividono valori costituzionali, appartenenza all’Ue e alla Cedu, e percorsi analoghi di democratizzazione della giustizia. La posizione “associativa” di Paulo Lona illumina inoltre il contesto del dibattito. In quanto presidente dell’SMMP e vicepresidente di Medel (Magistrats Européens pour la Démocratie et les Libertés), egli porta nel dibattito italiano la linea delle principali reti europee della magistratura progressista. Non è casuale che la presidente di Medel, Mariarosaria Guglielmi, appartenga a Magistratura Democratica, la corrente più contraria alla riforma Nordio. L’opposizione internazionale appare così motivata meno da argomenti giuridici coerenti e più da una solidarietà corporativa volta a preservare l’attuale modello di autogoverno, messo in discussione dal sorteggio introdotto dalla riforma Nordio. L’esperienza portoghese non è dunque un monito contro la riforma italiana, ma la sua migliore conferma: la separazione delle carriere rafforza indipendenza e garanzie. Se ha funzionato in Portogallo, non vi è ragione di ritenere che non possa funzionare anche in Italia.

Andrea Cavaliere

Unione camere penali italiane

 

Il punto è più generale. I sostenitori del “No”, al momento, non trovano alcun argomento solido per motivare il proprio “No”, a parte il desiderio mal celato di tutelare uno status quo che probabilmente apprezzano. Il caso portoghese, come lei ha ricordato, dimostra che anche l’idea che vi sia una magistratura ostaggio del potere politico, in caso di separazione delle carriere, non regge. E non regge, più in generale, per le ragioni magnificamente sintetizzate ieri da Augusto Barbera, che in un intervento sul Foglio ha ricordato quanto segue, replicando a un intervento di Paolo Cirino Pomicino. Scrive Barbera: “Caro Paolo, tu dici che ‘un Sì al referendum farebbe cadere l’Italia in una deriva autoritaria (...) nella quale politica e magistratura giudicante sarebbero le vittime predilette di quella inquirente’. Fermo restando che non condivido tanta sfiducia nei pubblici ministeri, benemeriti nella lotta alla mafia e al terrorismo, non vedo, il pericolo: in ogni caso la parola ultima e decisiva, applicando finalmente i princìpi del processo accusatorio, spetterà come recita l’art.111 della Costituzione, ‘nel contraddittorio delle parti ad un giudice terzo e imparziale’. Gli uni e gli altri tutelati nella loro indipendenza dai rispettivi organi di garanzia, entrambi presieduti dal Capo dello Stato, così evitando che, nell’unico Csm, la carriera dei ‘giudicanti’ sia condizionata dai voti dei ‘requirenti’ (e viceversa ovviamente)”. Quel che conta, suggerisce Barbera, è che vi sia un giudice terzo e imparziale che nel contradditorio delle parti garantisca un giusto processo. La riforma Nordio rafforza questo concetto e questo principio. E rafforzare questo principio significa rafforzare la Costituzione, non indebolirla. Viva il Portogallo.

 

Al direttore - Scrivo in un momento cruciale per il futuro della sanità e del benessere psicologico nel nostro paese, con l’imminente lancio del Piano d’azione nazionale per la salute mentale (Pnasm) 2025-2030. Il Piano può costituire una svolta, basata su tre priorità non negoziabili che possono cambiare la vita di migliaia di cittadini. La prima istanza è l’obbligo di aderire scrupolosamente alle evidenze scientifiche (“Evidence Based Medicine”), superando la logica di cure basate su intuizioni arbitrarie o prassi superate. Il Pnasm prevede che ogni decisione clinica, dalla diagnosi dei disturbi del neurosviluppo ai trattamenti psichiatrici, sia fondata su protocolli aggiornati e riconosciuti a livello internazionale. La seconda priorità riguarda la cura dei pazienti sin dall’età evolutiva. Il Piano dispone che il compimento dei 18 anni non si trasformi in un drammatico “salto nel buio” che conduce all’abbandono della terapia, garantendo un processo protetto e graduale per assicurare la continuità assistenziale tra i servizi di neuropsichiatria infantile e quelli per gli adulti, senza interruzioni in un momento di particolare fragilità. Infine, il Pnasm prevede un’attenzione specifica per le “popolazioni speciali”, come le persone detenute in carcere o ospitate nelle Rems (“Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza”). Questi contesti richiedono percorsi terapeutici dedicati che assicurino il diritto alla salute e alla riabilitazione per le persone in condizioni di limitazione della libertà (detenute/imputabili). I tre pilastri – scientificità, continuità e inclusione sociale – sono la vera sfida per un sistema di cura moderno ed efficace. Tuttavia, queste previsioni devono trovare un riscontro economico concreto. L’efficacia delle misure previste nel Piano dipende anche dai finanziamenti pluriennali previsti nel progetto di legge di Bilancio: 80 milioni di euro nel 2026, che salgono a 85 milioni nel 2027 e a 90 milioni nel 2028, per poi stabilizzarsi a 30 milioni annui dal 2029. Cruciale è che 30 milioni siano destinati all’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale sanitario e socio-sanitario e che il 30 per cento dei fondi iniziali sia vincolato alle azioni di prevenzione del Piano. Questo è un passo deciso, seppure la sfida resta garantire che tali risorse siano sufficienti a coprire i costi strutturali dell’intero PNASM, portando la spesa a livelli europei. Auspico che su questo tema il Suo giornale possa aprire un dibattito.

Fabio Macaluso

 

 

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