Ansa

Lettere al direttore

Il pregiudizio di un occidente sempre colpevole genera mostri

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Caro Cerasa, cosa sta accadendo all’ateneo più antico del mondo? Nei mesi scorsi si è distinto per una grottesca campagna di boicottaggio di ogni relazione con le università israeliane. Poi si è rifiutato di avviare un corso di laurea in Filosofia per una quindicina di giovani ufficiali dell’esercito italiano. Con una motivazione ridicola: il timore di “militarizzare” la facoltà. Il ministro Bernini ha garantito che il corso verrà istituito. Ma resta l’amaro in bocca per una vicenda che ha visto il rettore dell’Alma Mater nascondersi tartufescamente dietro l’autonomia dei dipartimenti, e un dipartimento che ha tradito la sua missione di coltivare il dubbio, il confronto e il pensiero critico trasformandola in uno strumento di chiusura per motivi ideologici. Una deriva settaria della cultura, con docenti subalterni o complici del chiasso pacifista dei collettivi studenteschi. En attendent una laurea honoris causa a Francesca Albanese in scienza della violenza condannata ma giustificata.

Michele Magno

 

C’è un filo sottile che lega l’odio contro Israele, la sottovalutazione della minaccia russa, il disinteresse sulla difesa dell’Ucraina, i pregiudizi negativi nei confronti delle nostre Forze armate. Un filo sottile, triste e sconsolante che coincide con l’autodemonizzazione dell’occidente da parte di chi vive in occidente. L’occidente si difende? E’ colpevole. L’occidente viene aggredito? E’ colpevole. L’occidente si riarma? E’ colpevole. L’occidente difende la pace? E’ colpevole. Come direbbe Rocco Papaleo, ve la meritate Francesca Albanese.

 


 

Al direttore - Esimio Merlo, deve farsene una ragione: Antonio Ricci è stato presente fin dalla prima edizione del mitico “Drive In”. Visto che non le sono bastati i titoli di testa del 1983, le riportiamo la testimonianza di Carmen Russo che, converrà anche lei, è stata sicuramente protagonista nella prima edizione: “Antonio Ricci è stata la prima persona che ho incontrato a Roma, negli studi dove si è registrata la prima edizione di ‘Drive In’ nel 1983. Antonio presenziava ogni giorno alle registrazioni, scrivendo i copioni con il suo gruppo d’autori, dando indicazioni ai comici e concordando con me ed Enzo Paolo i complicatissimi balletti che avremmo eseguito durante le puntate. Lo ringrazierò sempre per aver scelto me come soubrette di questo storico programma”. Presumiamo che la mitica signora Fatma Ruffini, da lei intervistata al Sant’Ambroeus, abbia confuso Antonio Ricci con lo storico regista Beppe Recchia (lui sì arrivato nella seconda stagione in sostituzione di Giancarlo Nicotra). Sorseggiando tè (siamo sicuri che fosse tè?) viene rivelato che un giovane Paolo Beldì sarebbe stato licenziato da Fatma perché non in grado di realizzare come regista delle gag del “Drive In” in esterna. Le gag in esterna della prima edizione del “Drive In” furono completamente girate dal regista Nicotra. Beldì partecipò a successive edizioni del “Drive In”, ma come consulente musicale. Senz’altro, gentile Salvatore, avrà fatto confusione con gli appunti.

L’Ufficio Stampa di “Striscia la notizia” e del sempre ringalluzzito “Drive In”

 


 

Al direttore - E’ molto interessante l’editoriale sul tabù a sinistra nel considerare come atti estremisti quelli commessi dai pro Pal evocando il monito pannelliano sul fascismo degli antifascisti. Non stupisce che sia stato proprio Marco Pannella a lanciare un simile richiamo, dato che non ha esitato a mettere sullo stesso piano le tragedie provocate da nazismo, fascismo e comunismo. Ma il leader radicale, come spesso gli accadeva, si spingeva oltre. Alle ideologie totalitarie ne accomunava un’altra non meno pericolosa in termini di conseguenze nefaste: il pacifismo. “Se il comunismo e il nazismo sono messi al bando, il pacifismo merita di accompagnarli”, diceva. Dalla posizione di equidistanza tra aggredito e aggressore che i pacifisti rivendicano con orgoglio, essi si schierano con l’aggressore. Quella pacifista è, storicamente, una scelta di campo suicida contro le democrazie rette dallo stato di diritto che facilita le azioni ostili di autocrati oggi determinati a cambiare un ordine internazionale che aspira con fatica a fondarsi su regole comuni condivise, sull’universalità dei diritti umani, sulla separazione dei poteri e sulla contendibilità del governo della cosa pubblica. Quello pannelliano è un monito che a mio avviso riguarda anche la lanciatrice speciale di moniti contro la stampa, naturalmente nel nome della promozione dei diritti umani. I pacifisti finiscono per contribuire all’inondazione del nostro spazio informativo di menzogne, sminuiscono le operazioni di hackeraggio delle nostre infrastrutture, all’indebolimento della tenuta democratica delle nostre società. Continuiamo quindi a promuovere conoscenza e Diritto alla Conoscenza.

Matteo Angioli

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