Chiara Ferragni - foto Ansa

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Contro le sentenze dell'influencer massimo (che non è Ferragni)

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Ferragni: "Piena fiducia in magistratura". Toghe esaurite nei negozi.
Giuseppe De Filippi

È la regola d’oro del moralista, come ha scritto Giuliano Ferrara il 20 dicembre: se fai del bene morale la tua professione abituale, una qualche forma di male morale alla fine inevitabilmente si accanirà contro di te. A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura. E in questo caso il più puro tra i puri è il circo mediatico-giudiziario, che avendo trasformato il procedimento penale in uno strumento con cui si esprime un giudizio morale collettivo non si preoccuperà di appurare se contro Ferragni ci sono prove sufficienti per poterla condannare ma si preoccuperà semplicemente di trasformare l’indagine in una conferma della sentenza già emessa dall’influencer massimo: il tribunale del popolo. Contano i sospetti, non le prove. Conta l’immagine, non la sostanza. È il moralismo, bellezza. 

 


 

Al direttore - Haram all’hifil, si legge nel Deuteronomio. Traduzione del testo ebraico: votare allo sterminio. Conoscere i Testi sacri della Prima Alleanza è di ausilio nel capire a fondo le ragioni d’Israele. Senza la sua storia religiosa infatti risulta non comprensibile la sua storia politica. Il conflitto in medio oriente rischia di allargarsi? E’ già successo. Quando Israele scacciò gli Hittiti, i Ghirbashiti, gli Amorriti, i Cananei, i Perizziti, gli Hivviti e gli Yebusiti “nazioni più popolose e più potenti d’Israele” (Deuteronomio, 7,1). La Corte suprema israeliana boccia la riforma della giustizia di Netanyahu? Tutto secondo tradizione biblica. Nel primo libro di Samuele si offre il modello di monarchia politica, ma trattasi di monarchia costituzionale. Il re, a differenza del profeta, è un prodotto umano, creato dal popolo a tutela dei propri interessi. Di conseguenza, come si legge nei capitoli del libro di Samuele, nessun israelita ha timore reverenziale e ancor meno venerazione per il re, la cui potestas non può prevaricare l’espressione della volontà popolare. E’ uno degli aspetti che differenzia la monarchia dell’antico Israele dalle antiche monarchie del vicino oriente. Al punto tale, è stato sostenuto da autorevoli studiosi come Elazar, che il patto biblico funge da modello al contratto sociale moderno elaborato da Hobbes, Locke e poi Rousseau. Perché nei momenti di emergenza Israele è refrattario ad alleanze che frenino il suo “votarsi allo sterminio del nemico”? Lo spiegano i due più grandi profeti, Isaia e Geremia. Soprattutto Isaia. Dopo avere sconfitto gli Assiri, il profeta invita Israele a non stringere subito un’alleanza con l’Egitto, sospettato di essere connivente con il regime assiro. Geremia tuttavia aggiunge: “Correggete le vostre vie e le vostre azioni e vi farò dimorare in questa terra” (Geremia, 7,3). La buona politica estera è il prodotto anche della buona politica interna. È la dimensione epifanica della democrazia “teocratica” d’Israele. Che solo chi ignora la storia biblica può compararla alle teocrazie fondamentaliste islamiche.
Giuseppe Di Leo