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lettere al direttore

Santanchè rasenta il ridicolo lamentandosi delle inchieste giornalistiche

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - L’ignobile attentato del quale sono stati vittime in Cecenia la giornalista Milashina e l’avvocato Nemov ci ha tristemente ricordato che la libertà di informazione e il diritto di difesa in giudizio di ogni cittadino rappresentano alcuni dei principali capisaldi di una democrazia liberale. Putin, Lukashenka e Kadyrov si pongono inevitabilmente in antitesi a simili ideali, avendo scelto di perseguire – per convinzione, per necessità o per convenienza – l’illusorio obiettivo di una “grande Russia” impegnata a valorizzare all’esterno il peso della sua residua potenza militare e della sua apparente compattezza interna. Anche in Italia, dove di bavagli e di minacce fortunatamente non ce ne sono, il tema della qualità della democrazia e del rispetto dei diritti continua comunque a meritare tutta la nostra attenzione, perché nessuna conquista può dirsi definitivamente scontata, specie a fronte delle immani trasformazioni tecnologiche che stiamo vivendo. Francamente, dispiace però dover notare come alcuni paladini della libera stampa, da loro impropriamente intesa come mera amplificazione giornalistica dell’azione giudiziaria rivolta nei confronti delle “classi dirigenti”, ci appaiano a volte nei loro articoli, così come nelle loro frequenti apparizioni televisive, assai più vicini ai secondi di quanto non lo siano ai primi.
Francesco Compagna

   


      

Al direttore - Caro Cerasa, ma non ha esagerato il ministro Santanchè attaccando i giornali? 
Maria Attoni 

Santanchè rasenta il ridicolo quando si lamenta delle inchieste giornalistiche contro di lei (tra l’altro, è stato proprio questo governo che ha scelto di valorizzare al massimo “Report”: auguri sinceri). E rasenta il ridicolo quando si lamenta delle campagne stampa costruite contro di lei (se il ministro dedicasse ai lavoratori della sua azienda le stesse attenzioni dedicate al Domani non avrebbe tutti i problemi che ha oggi). Ma su un punto il ministro avrebbe ragione da vendere se solo fosse in grado di spiegarlo bene: un paese dove si scopre di essere indagati dalla lettura dei giornali è un paese pericoloso. E un paese in cui i giornalisti scelgono di assecondare il circo mediatico-giudiziario piuttosto che denunciarne le storture, è un paese in cui i famosi watchdog del potere continuano sistematicamente e legittimamente a schierarsi con la schiena ovviamente molto dritta sempre dalla parte del più forte: al servizio di una Repubblica fondata sullo strapotere delle procure. E’ questa la vergogna. Non l’accanimento presunto contro il ministro Santanchè. 

 


    

Al direttore - Caro Cerasa, forse lei non lo ricorda, ma nella prima fase dell’emergenza sanitaria ci furono tra noi (cosa che succede molto raramente) differenti opinioni sui provvedimenti assunti dal governo per contenere l’epidemia. Io ero convinto, e lo sono ancora, che nei primi 100 giorni siano state assunte misure che hanno eccessivamente danneggiato l’economia. Ciò non mi ha impedito di sostenere, in seguito, l’obbligo di vaccinazione e l’adozione del green pass sostenendo una  feroce polemica con i No vax. Oggi credo che sia grave errore promuovere una commissione bicamerale di inchiesta, da parte di un governo dove siedono personalità (come Meloni e Salvini) che nella scorsa legislatura sostenevano che l’emergenza era finita e che il governo accoglieva i migranti al solo scopo di infettare gli italiani per poter continuare ad abusare delle loro libertà.  
Giuliano Cazzola

 

Spiace dirlo, ma su questo tema ha ragione l’ex premier Giuseppe Conte quando dice che la commissione d’inchiesta sull’emergenza Covid, da ieri ufficiale, “è una farsa, non è un atto di coraggio politico, è un atto di vigliaccheria”. Si potrebbe discutere su quante volte il governo guidato dal M5s ha favorito simili pagliacciate promuovendo altre commissioni. Ma oggi nessuna discussione: un paese che sceglie di mettere sotto processo la gestione di un’emergenza straordinaria, fingendo che esista un modello ordinato di gestione di un’emergenza, è un paese che sceglie di diventare complice di una pagliacciata. Complimenti a tutti.
 

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