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Il lavoro fatto sul Pnrr non è poi così male. Teniamoci stretto Draghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Per le novità nel frattempo intervenute in diversi versanti, un’integrazione o, comunque, una verifica della completa attualità del Piano nazionale di ripresa e resilienza – di cui scrive  Stefano Cingolani sul Foglio del 1° luglio – appare necessaria. Sarebbe contraddittorio sostenere, da un lato, l’eccezionalità del contesto in cui ci muoviamo, a cominciare dagli effetti della guerra in Ucraina, dai problemi dell’energia e, poi, dell’inflazione e, dall’altro, ritenere intangibile il Pnrr che attenderebbe solo una completa “messa a terra”. Per una tale operazione mirata a possibili emendamenti, sono necessarie una coesione tra le forze di maggioranza, nonché una chiarezza di obiettivi che non possono essere inquinati dall’eventuale intento di parlare, da parte delle forze politiche, ai rispettivi  elettorati, da mobilitare fra alcuni mesi. Non sarebbe quest’ultima una ragione sufficiente per non avviare l’operazione in questione che certo non è facile. Ma sta al governo prendere l’iniziativa. E’ pensabile che sia disposto a farlo? In ogni caso è fondamentale che l’Esecutivo dia una grande prova di parresia per affrontare il tratto finale della legislatura. Con i più cordiali saluti. 
Angelo De Mattia

 

Punto  interessante. Ma intanto un dato, sul Pnrr, occorre  segnalarlo. Nel 2020, l’Italia ha occupato l’ultimo gradino del podio tra i paesi capaci di spendere i fondi strutturali europei: a fine 2021, la Corte dei conti europea ha evidenziato che, rispetto ai soldi che spettavano all’Italia tra il 2014 e il 2020, il nostro paese  è stato in grado di spendere appena il 44 per cento di ciò che ci  spettava, buttando  all’aria 25 miliardi e 166 milioni di euro di fondi Ue. Tre giorni fa, la Commissione europea ha comunicato che l’Italia ha raggiunto tutti i 45 obiettivi del Pnrr relativi al primo semestre 2022 e ha inviato la seconda rata da 24,1 miliardi di euro. C’è molto da lavorare, ovvio, ma il lavoro fatto finora tanto male forse non è.

 


 

Al direttore - Il supplizio inflitto a Mario Draghi con la bufera mediatica sollevata dall’intervista di un fantasioso sociologo a caccia di un quarto d’ora di pubblicità (quello, per capirci, del “lavorare gratis, lavorare tutti”), mi suggerisce due considerazioni. La prima è che il presidente del Consiglio, a questo punto della legislatura, dovrebbe essere fatto santo subito. La seconda riguarda la “peggiocrazia” dilagante in certi partiti italiani (copyright di Luigi Zingales), guidati da capi narcisi e culturalmente modesti. Credere allora che Draghi, dopo averla sperimentata sulla propria pelle, possa domani prestarsi masochisticamente a un’altra prova di governo o a diventare il demiurgo di una nuova area liberaldemocratica, suona come offesa alla sua intelligenza politica e alla sua tempra morale. E poi diciamoci la verità: quanti per invidia o gaglioffaggine non lo hanno voluto al Quirinale, uno come lui nemmeno se lo meritano. 
Michele Magno

Tenerselo stretto, please.

 


 

Al direttore - Le temperature di questi giorni hanno surriscaldato l’io di Maurizio Landini, il quale ha convocato i leader dei partiti per “interrogarli” sulle proposte con cui la Cgil si è schierata con Mélenchon. Non ha invitato, però, Matteo Salvini. La cosa non si spiega visto che tanti iscritti e militanti della Cgil votano da anni per la Lega.
Giuliano Cazzola

Al direttore - Mauro Moretti, ex ad di Fs, s’è beccato 5 anni per la strage di Viareggio (32 morti). Vincenzo Scutellaro, tabaccaio, s’è beccato 5 anni per aver fregato un “gratta e vinci” a un’anziana signora. La giustizia, si sa, è una dea bendata, però ogni tanto un’occhiatina in giro farebbe bene a darla.
Valerio Gironi

Sul caso Moretti, caro Gironi, la invito a leggere cosa dice Vittorio Manes oggi al nostro Ermes Antonucci: “Il bisogno emotivo di individuare colpevoli segue spesso la logica del ‘capro espiatorio’, e questa necessità sembra appagarsi solo quando si riesce a corresponsabilizzare uno o più soggetti apicali, individuando responsabilità più gravose, colpevoli più celebri, e così assicurando alla condanna una maggiore valenza esemplare e catartica”.

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