Green pass solo ai vaccinati. Il Fatto indignato per il caso Panucci

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 14 settembre 2021

Al direttore – Sono 83 milioni di schiaffi quelli rivolti a Salvini e Meloni, ha scritto ieri il Foglio, e va bene e siamo tutti contenti che il green pass sia stato scaricato da molti. Mi chiedo solo una cosa, caro direttore: ma siamo sicuri che il green pass funzioni come dovrebbe?
Giuseppe Marconi

Sul funzionamento del green pass prima o poi occorrerà affrontare un tema molto difficile da non considerare, che coincide con la sua vera debolezza: il fatto che venga concesso anche alle persone che hanno fatto un tampone nelle 48 ore precedenti e che dunque potrebbero essere infettive (un vaccinato può essere infettivo ma molto più raramente di un non vaccinato). Per questo, il passo successivo che il governo prima o poi dovrà decidere di compiere, quando tutti coloro che si possono vaccinare avranno avuto la possibilità di farlo, sarà quello di limitare il possesso del green pass a chi ha completato il ciclo di vaccinazione. Obbligo di vaccinazione no, rendere la vaccinazione indispensabile invece sì. Grazie.


Al direttore - Il Fatto quotidiano ha denunciato uno scandalo. A Marcella Panucci, capo di gabinetto del ministro Renato Brunetta, è stato raddoppiato lo stipendio: guadagnava 75.600 euro di retribuzione più 68 mila di indennità, che dopo un “aumento stratosferico” è diventata di 124 mila euro. Per un totale che è passato da 143.600 a 199.600 euro. Ma il Fatto non ricorda che il predecessore della Panucci, Guido Carpani, capo di gabinetto della grillina Fabiana Dadone, guadagnava 173.250,36 euro di stipendio più 62.480 euro di indennità, per un totale di 235.730,36 euro. E’ un vero scandalo. Se anche dopo il raddoppio dello stipendio la Panucci percepirà 36 mila euro in meno del suo predecessore vuol dire che guadagnava troppo poco e che l’aumento è stato troppo contenuto!
Luciano Capone


Al direttore - Volevo, suo tramite, informare Maurizio Crippa che purtroppo l’intemerata contro Benigni non è (Foglio del 14 settembre) “l’ultima scemenza di @Kelledda Murgia”, bensì (al momento) la penultima. L’arguta scrittrice, infatti, ha eccepito (non so perché, anche se qualche sospetto c’è l’ho) sul fatto che una candidata di Azione (Calenda) al primo municipio di Roma, tal Cecilia Frielingsdorf, abbia ritenuto opportuno aggiungere sulla scheda elettorale la dizione “detta Cecilia”. Tutti sanno o dovrebbero sapere che la cosa è perfettamente lecita (con un cognome così!) e con qualche precedente storico (Giacinto Pannella detto Marco), però la voglia del quarto d’ora di notorietà è troppo forte, per cui devi sparare la prima scemenza che ti viene in mente: una pratica assai diffusa.
Valerio Gironi


Al direttore - Giustamente il Foglio si chiede, in un editoriale, se e quale impatto potrà esservi perché, a proposito degli acquisti “pandemici” – il Pepp – la Bce ha deciso che essi saranno moderatamente minori di quelli effettuati nei due precedenti trimestri, ma non è stata chiara nell’indicare le quantità della riduzione. Tuttavia, ha stabilito di mantenere ferma la dotazione complessiva per tali interventi e di questi ha sottolineato la flessibilità. Le reazioni dei mercati non sono state negative. Forse questo, però, era il solo punto di equilibrio tra le distinte visioni nel direttivo e, per ora, è stato opportuno conseguirlo, anche perché in questo modo, come pure il Foglio sostiene, non si può dire affatto che sia prevalsa la tesi dei “falchi” alla Weidmann che avrebbero voluto quasi la fine degli interventi “pandemici”, sostenendo, tra l’altro, che la “P” maiuscola (Pandemic) di “Pepp” sarebbe dovuta scomparire, in relazione all’andamento del Covid, nell’area. Piuttosto, l’insistenza con la quale si sottolinea, pure dall’istituto, il rinvio a dicembre di nuove decisioni, questa sì può creare incertezze e dubbi, pur non escludendosi la necessità di altre misure. Ma fondamentale è la sveglia per i governi, anche ovviamente per il nostro, che scaturisce dal segnale di non lunga permanenza di alcune misure monetarie non convenzionali. Come ci si prepara? Non basta di certo il Pnrr. E come ci si predispone a discutere in sede europea la revisione – necessaria – del Patto di stabilità  e del Fiscal compact nonché della normativa sugli aiuti di stato? 
Angelo De Mattia