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L'unico modo per essere centrali è abbandonare le prospettive di centro

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Se si osserva l’attuale Parlamento, appare plasticamente il vuoto “centrale” di una forza solida e rappresentativa delle istanze più riformatrici e “sviluppiste” del nostro paese. I riformisti esprimono, o meglio si ritrovano, il presidente del Consiglio, ma sono altri a sostenerne numericamente l’esecutivo. Eppure, con i dem oggi orfani più di Conte che sostenitori di Draghi e un fronte sovranista Salvini-Meloni molto robusto e in salute, il bipopulismo italiano offrirebbe una inedita possibilità di costruzione di una opzione liberal-centrista dal sapore europeo. Qualcuno vorrebbe che questa si realizzasse come proiezione italiana della macroniana Renew Europe che c’è al Parlamento europeo, altri affidano a Carlo Cottarelli la redazione di un programma, altri ancora sperano di costruire il partito draghiano per il dopo Draghi. La verità è che tutte queste ambiziose costruzioni risentono di due fattori ineludibili: quale sarà la legge elettorale e, ora, il ruolo che vorrà giocare Enrico Letta da segretario del Pd. Prima ancora, c’è la variabile tempo. Se Super Mario governerà due anni, ci saranno ampi margini perché il quadro politico italiano si faccia e si disfi a più riprese, perché l’impronta di Draghi sul paese sarà profonda. Se invece da qui a un anno il premier dovesse migrare altrove (sia per tornarsene nel suo buen retiro umbro che per salire al Quirinale), il tempo per costruire cose nuove e incisive si ridurrebbe significativamente. Torniamo ai due fattori di cui sopra. Cambierà la legge elettorale? Sì, no, dipende. L’incidente occasionale e il pantano parlamentare sono sempre possibili, dunque diamo buone chance all’ipotesi che resti in vigore il Rosatellum: è un pastrocchio mezzo maggioritario e mezzo proporzionale, ma complice il taglio dei parlamentari darebbe essenzialmente forza a una dinamica elettorale bipolare, più che a ipotetiche corse proporzionali finalizzate a riproporre “maggioranze Ursula” o schemi simil Draghi. A scegliere di riaprire il dossier della legge elettorale, o ad archiviarlo definitivamente con buona pace delle tante promesse di correzione dello sgangherato taglio dei parlamentari, potrebbe essere proprio Enrico Letta. E le sue intenzioni sulla legge elettorale saranno il riflesso di una questione più ampia, che inciderà senza dubbio sulle sorti del centro liberale: che segretario del Pd sarà Enrico Letta? Proseguirà nello schema zingarettiano “o Conte o morte” tanto caro all’attuale patto di sindacato che guida il Pd o proverà ad affrancare il suo partito dall’abbraccio col M5s? Vedremo. Di certo, chi alberga “alla destra” del Pd e “alla sinistra” della Lega (diremmo “centro”, se non fosse categoria ambigua) deve saper fare da sé e mettersi nelle condizioni politiche di essere e apparire un attore elettoralmente “utile”, attrattivo per milioni di elettori e politicamente autonomo. Niente donchisciottismi liberali e club di straborghesi ben vestiti, per intenderci, ma rigenerazione di proposte e di leadership. Soprattutto, capacità di toccare la carne viva della società e dare risposte pragmatiche alle necessità e alle speranze degli italiani nell’immediato dopo Covid, quando sarà, a cominciare dallo tsunami occupazionale e sociale che sta già travolgendo il paese.
Piercamillo Falasca 

 

La scelta di Letta sarà importante, ma molto importante sarà anche la scelta che faranno tutti coloro che ogni giorno, al centro, provano a spiegare al Pd perché quello che fa il Pd non è degno del Pd. E la scelta oggi è una e solo una: capire che l’unico modo per essere centrali nel futuro è abbandonare le prospettive di centro, non disperdere energie e impegnarsi per provare a cambiare da dentro il Pd. Per tutti gli altri, c’è la buona vecchia Forza Italia.

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