(foto LaPresse)

Atti di civiltà: niente intercettazioni durante le indagini preliminari

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Forse hanno frainteso Mattarella che diceva nessuno spazio per le polemiche.


Giuseppe De Filippi


 

Al direttore - Caro Cerasa, condivido la vostra scelta di non pubblicare le intercettazioni irrilevanti. Il diritto all’informazione è un caposaldo e principio irrinunciabile di ogni stato democratico, e qualsiasi tentativo di carattere censorio è contrario a ideali liberali e di tutela della circolazione del pensiero. E’ innegabile però, che un uso distorto delle intercettazioni da parte dei media orientate verso l’aumento dello share e degli ascolti, necessita quanto prima di una regolamentazione precisa. L’intercettazione nel diritto processuale penale italiano è un mezzo di ricerca della prova tipico, in quanto previsto e disciplinato dal codice di procedura penale. Essa consiste nell’attività diretta a captare comunicazioni e conversazioni mediante strumenti della tecnica. Le intercettazioni quindi sono utili alla ricerca delle prove e al perseguimento dei reati, ma l’uso distorto è dannoso. Allora è necessario separare i due concetti. Con i dibattiti sul tema intercettazioni, si vogliono mettere dei freni all’uso “sensazionalistico” di queste o si vogliono imporre delle restrizioni allo strumento delle intercettazioni da parte dei magistrati? Io so solo che l’uso distorto delle informazioni non fa parte del diritto di cronaca ai sensi dell’art. 21 della Costituzione italiana.

Andrea Zirilli 

 

Le regole ci sono anche oggi ma in realtà sono fatte per essere trasgredite. Una soluzione in realtà ci sarebbe e sarebbe di puro buon senso: non pubblicare le intercettazioni durante le indagini preliminari e aspettare quantomeno il dibattimento per capire quali prove e quali intercettazioni sono risultate essere solide e quali invece no. Sul caso Palamara, poi, c’è un altro particolare interessante che meriterebbe di essere studiato. Facciamo finta di dimenticarci per un attimo del fatto che il famoso Trojan che ha tracciato gli incontri, le telefonate, i messaggi di Palamara, è stato reso utilizzabile grazie a un capo di imputazione formulato dagli inquirenti (corruzione in atti giudiziari) che oggi non c’è più all’interno dell’indagine. Dimentichiamoci per un attimo di questo e pensiamo a un problema ulteriore che è quello che ha messo ieri in rilievo Piero Tony sul nostro giornale: come mai, nell’inchiesta su Palamara, non è stata rispettata la così detta udienza “stralcio” che gli articoli 268 e 268 ter cpp hanno previsto e prevedono proprio per l’eliminazione, dopo la conclusione delle operazioni, delle conversazioni irrilevanti ai fini delle indagini? La risposta purtroppo è semplice: se non ci fossero state quelle intercettazioni, forse l’indagine su Palamara sarebbe rimasta una semplice indagine su Palamara e non una grande e rovinosa resa dei conti tra alcune correnti della magistratura.


 

Al direttore - Bisogna cercare di essere ottimisti per il futuro perché i pappalardi generano solo confusione. Solo che lo stato italiano si deve dare una mossa: troppe parole e senza fatti concreti. Si discetta su tutto e i “salotti” televisivi contribuiscono alla confusione, compresi anche gli editoriali dei cosiddetti giornaloni. Insomma bisogna davvero che s’inizi una nuova èra in tutte le direzioni. La scelta occidentale ed europea dell’Italia non deve essere messa in discussione, ma occorre coerenza poi nelle azioni da intraprendere. Se si dice di mettere al bando la burocrazia, di fare le riforme, poi bisogna farle. Le considerazioni valgono anche per le istituzioni private, tipo Confindustria, che si lamentano di tutto, ma niente fanno per rilanciare gli investimenti con l’obiettivo di incrementare i livelli di occupazione

Giovanni Attinà

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