Def? I barbari non si romanizzano. Ma i romani possono essere barbarizzati

Al direttore - Mercati, rischio balconizzazione.

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Roma, fermato uomo ancora povero.

Alessio Viola

 


 

Al direttore - L’Italia ha una lunga tradizione di tecnici al governo ed è l’unico grande paese a essere ricorso in questi anni all’impiego di personalità provenienti dall’Accademia o dalle file delle riserve della Repubblica. La lezione della “manovra del popolo” però ci dice oggi che i tecnici dovrebbero fare i tecnici e non prestarsi a strumentalizzazioni politiche. L’illusione italiana del potere salvifico della tecnica sembra definitivamente seppellita nella notte sudamericana della manovra. Detto ciò resta da capire come possa un ministro come Tria che poche ore prima aveva dichiarato di essere all’esclusivo servizio della nazione avere dato il suo via libera a una manovra che è all’esclusivo servizio dei fini elettorali di due partiti giocandosi one shot un più che ragguardevole capitale di credibilità.

Massimo Cecchini

I barbari non si romanizzano. Ma purtroppo i romani possono essere barbarizzati.

 


 

Al direttore - L’uscita sul balcone di Palazzo Chigi, giovedì notte, da parte di esponenti del governo, prevalentemente di 5 stelle, dopo la seduta del Consiglio dei ministri, inneggianti alla vittoria del 2,4 per cento mentre nella piazza sottostante una folla plaudente, pure della stessa estrazione, andava in visibilio per il successo conseguito nel fissare il livello del rapporto deficit/pil è la migliore fotografia degli sviluppi del populismo ed evoca purtroppo fotografie similari scattate in paesi dell’America latina, dove compaiono folle di “descamisados”. Ora, però, guardiamo ai prossimi giorni che saranno particolarmente impegnativi. Tra i tanti aspetti che non possono non suscitare grave preoccupazione c’è quello di un ministro dell’Economia, un galantuomo che per spirito di servizio – e interpretando così il giuramento sulla Costituzione e sui superiori interessi della nazione – ha finito con l’accettare una soluzione contro la quale aveva giustamente combattuto fino a poche ore prima. Dimettersi avrebbe provocato conseguenze gravissime; rimanere, se non equivale, conoscendo quanto Tria tenga all’autonomia di pensiero e all’onorare il proprio rispettabilissimo curriculum di credibilità, a una condizione di “lame duck”, certamente non è una condizione gratificante, anche nei riguardi delle istituzioni comunitarie. E’ da augurarsi, allora, che nel difficile percorso che ora inizia Tria trovi motivazioni e, soprattutto, fatti concreti che dimostrino la propria capacità di antivedere lucidamente e inducano i partner a una salutare resipiscenza (se mai ciò si può correttamente sperare). Diversamente, altro che stabilità finanziaria. Con i migliori saluti.

Angelo De Mattia

 

Tria è un galantuomo ma ci vorrà del tempo prima di trovare un modo per far sì che in futuro i mercati dovendo scegliere se credere a un ministro dell’Economia o a un ex concorrente del Grande Fratello scelgano di credere al secondo invece che al primo.

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