Tutti i racconti di Grace Paley, una dichiarazione d'amore al chiasso che fa la gente mentre vive

Annalena Benini

Una voce unica che racconta la vita quotidiana, i rimpianti, la politica, i litigi

Mi sembra giusto dedicare questa raccolta alla mia amica Sybil Claiborne, collega nel mestiere di scrittrice e di madre. Un giorno del 1957 passai da casa sua, a un quarto piano su Barrow Street, e lì vidi con i miei occhi i suoi due mariti che si lamentavano delle uova. Dopodiché iniziammo a chiacchierare e per quasi quarant’anni non smettemmo più. Poi lei morì. Tre giorni prima mi disse adagio, con il garbo di una persona insoddisfatta a cui restavano forse dieci parole: Grace, la vera domanda è: come va vissuta la nostra vita?

Grace Paley, “Tutti i racconti” (BigSur)


  

Questa è la dedica di Grace Paley ai suoi racconti, ed è un racconto. Una storia breve, che contiene il sentimento di Grace Paley per la vita, per il mondo, per le donne, per l’amicizia, per la città. Un sentimento caldo, ironico, pieno di pietà per questa vita reale e caotica e sempre imperfetta. Ci sono le uova, la strada, i mariti, la malattia, le chiacchiere, le domande e la morte. C’è la madre. Grace Paley non ha mai scritto romanzi ma ha riscaldato i libri con i suoi meravigliosi racconti, ci ha fatto sentire che avevamo bisogno proprio di quella voce, proprio di quel caos e di quella saggezza ruvida. Di quelle amiche. “Scrivere di donne è un atto politico perché significa prendersi cura di loro”, ha detto lei, che è stata un’attivista femminista, ma soprattutto una scrittrice, una poetessa. Philip Roth l’amava molto. George Saunders, che ha scritto la prefazione a questo volume tradotto da Isabella Zani, ha detto: “Certi momenti dei suoi racconti, spesso i finali, mi provocano autentico dolore e, forse viziato dalla tendenza contemporanea allo slancio lirico compensatorio, mi ritrovo a buttare un occhio verso l’autrice in cerca, magari, di un piccolo indizio conciliante del fatto che andrà tutto a finire bene. E invece niente. Lei scrolla le spalle. ‘Alle volte va così’, dice. Io la amo per questo. Non le piacciono i luoghi comuni. Ha una visione delle cose complessa: sa che una persona può essere allo stesso tempo irritata e felice; fortunata e disperata; contenta di essere una madre e al tempo stesso stufa marcia di essere una madre. A Grace Paley tutto questo non crea nessun problema”. Questi racconti sono vividi, familiari, pieni di chiasso e di grazia. Si ride e si piange, si pensa sempre, sempre, sempre: anche io. Anche io sono un casino. Anche io sono infuriata. Anche io mi sono divertita. Grace Paley, morta nel 2007, a ottantacinque anni, ha detto alla Paris Review che scrivendo ha aperto la porta a se stessa, che non pensava all’essere o meno una scrittrice, scriveva e basta. “Ho sempre saputo di voler scrivere di donne e bambini ma rimandai tutto per un paio d’anni perché pensavo che la gente l’avrebbe trovato un argomento banale, di nessun interesse. Ma poi mi dissi: ma sono queste le cose che devo scrivere. Che voglio leggere. E là fuori non ne vedo”.

  

Così abbiamo una voce unica che racconta la vita quotidiana, i rimpianti, la politica, i litigi. Quanti litigi bellissimi ha raccontato Grace Paley, che a leggerli ci si sente liberati e quasi pronti a fare pace. Caffè, tramezzini e parecchi vaffanculo, davanti alle cose troppo dolorose e a quelle troppo divertenti. “Ricordo gli occhi di Ann e il cappello che indossava il giorno che ci guardammo per la prima volta. I nostri bimbi erano appena usciti strillando dalla sabbiera sulle loro gambette deambulanti da poco. Li prendemmo in braccio. Ci sorridemmo sopra le testoline bionde. In quel momento si strinse un patto, credo, con ogni probabilità più vincolante delle promesse che tutte avevamo fatto ai mariti con cui non siamo più sposate”. Questo patto Grace Paley l’ha onorato e descritto nel corso di una vita intera: una dichiarazione d’amore all’umanità, nonostante tutto, e a questi figli che crescono prima in bellezza e poi in rabbia, e agli autobus notturni, agli amanti, alle uova al burro, e al rumore incessante che fa la gente mentre vive.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.