La smentita che la Cei non darà mai sulla convergenza con il grillismo

Redazione

Al direttore - Caro Cerasa, ha ragione da vendere quando dice che la convergenza tra il grillismo e la chiesa è innanzitutto culturale, oltre che politica. Ma è proprio questo ciò che da cattolico mi preoccupa di più, ovvero la cifra culturale della chiesa di oggi che si riflette, forse più che altrove, in quella italiana. Tutto nasce dalla confusione sul fatto cristiano in quanto tale (e di conseguenza sulla missione della chiesa, ivi incluso il suo rapporto con la politica). Così come Cristo non è venuto a predicare l’amore di Dio e basta, all’insegna di un cristianesimo tutto misericordia e niente giustizia, allo stesso modo un cristianesimo sociale a misura de los-pobres-de-la-tierra è una caricatura del messaggio evangelico oltretutto intrinsecamente anticristiana nella misura in cui rivela lo scandalo della croce ad esso soggiacente (ci sarà un motivo, cari teologi e preti e vescovi caballeros, se Dio ha voluto salvare il mondo mediante la più grande delle ingiustizie, o no?). Di che stupirsi dunque del fascino grillino su certo episcopato e laicato sedicenti cattolici? Fascino che, per altro, fa tutt’uno con altre prese di posizione altrettanto sconcertanti ma non, di nuovo, sorprendenti visto l’andazzo (vedi adesione della Cei alla marcia per l’amnistia dei Radicali italiani lo scorso 6 novembre, o la recente strabiliante dichiarazione di encomio a Pannella di non ricordo più quale vescovo). Detto ciò, è fuor di dubbio che un eventuale appoggio anche politico della chiesa italiana al M5s rappresenterebbe un punto di non ritorno. Primo, perché caso mai non fosse chiaro il vero motivo per cui i pentastellati hanno deciso di chiamarsi movimento e non partito è solo per aggirare l’ostacolo della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, quella che vieta la ricostituzione del partito fascista. Secondo, e coerentemente con quanto sopra, perché la cosiddetta web democracy altro non è se non la prosecuzione del totalitarismo con altri mezzi. Terzo, e cosa più importante, perchè il grillismo rappresenta una versione riveduta e aggiornata dell’eresia catara e gnostica, come ha ben evidenziato Roberto Dal Bosco nel suo “Incubo a 5 stelle. Grillo, Casaleggio e la cultura della morte”, che certi vescovi (e non solo) farebbero bene a leggere e meditare. In un’intervista al Foglio di qualche anno fa (pregasi ripubblicare) Dal Bosco svelò senza mezzi termini l’essenza dell’ideologia grillina: “La radice spirituale del nichilismo buddista e del grillismo è la stessa: sono maschere diverse di quella che Giovanni Paolo II chiamava cultura della morte”. Il riferimento era all’Evangelium Vitae del santo Papa polacco, il cui nesso con l’ideologia del M5s Dal Bosco lo spiegava così: “La cultura della morte è ciò che si oppone alla sacralità della vita… E’ ciò che vuole rendere l’uomo una risorsa spendibile, pronta a essere sacrificata. E’ ciò che…. distrugge la riproduzione umana. L’umanità da evento diviene problema. Il programma di Casaleggio è questo: ridurre la fertilità, fermare lo sviluppo, ingabbiare la gente nella narcosi del virtuale. Di fatto il Movimento 5 stelle è la setta dei catari, la lobby della morte del Medioevo, arrivata in Parlamento con otto secoli di ritardo”. Ecco, ci manca solo di vedere qualche vescovo, magari qualcuno di quelli che spernacchiarono il Family Day, sul palco del prossimo Vaffa-day, e poi possiamo chiudere bottega.

Luca Del Pozzo

Il direttore di Avvenire si è precipitato a ritrattare e a circoscrivere le sue affermazioni sul grillismo, sostenendo che ha parlato a titolo personale, e lo stesso ha fatto mercoledì Famiglia Cristiana smentendo che ci sia una convergenza con l’universo grillino. Tutti, insomma, smentiscono che ci sia un abbraccio politico tra il mondo della chiesa italiana e il mondo del grillismo. Sarebbe bello però ascoltare una smentita anche su un punto più importante: la convergenza tra la dottrina economica declinata da Papa Francesco (che ormai, nell’agenda della chiesa, ha un valore non inferiore a quello dei princìpi non negoziabili) e quella del peronismo grillino. Vi diamo un’anticipazione: quella smentita, non la ascolterete mai. Purtroppo.

 


 

Al direttore - L’ambasciatrice armena Victoria Bagdassarian, ieri sul Foglio, ammonisce che “il negazionismo comporta la prosecuzione del crimine e un’alta possibilità di recidiva. Quanto più la Turchia si allontana dal percorso democratico tanto più le prospettive del riconoscimento sono sfocate”. Tutto vero e condivisibile. Tutto dibattuto tanto in Turchia quando altrove. Altrettanto purtroppo non si può dire dell’Armenia, che nel 2015 ha modificato la Costituzione dopo anni di semipresidenzialismo giusto per consentire al presidente Sargsyan di ricandidarsi l’anno prossimo, che ancora la settimana scorsa violava, e per la centesima volta, la tregua armata con l’Azerbaigian al confine del Nagorno Karabakh.

Marco Perduca

 


 

Al direttore - Commentando la legge sul biotestamento, Paolo Maria Rossini, ordinario di Neurologia all’Università Cattolica, ieri ha ricordato che per un cattolico il corpo umano appartiene a Dio, e “per questo motivo cercherò sempre di salvarlo, finché è possibile” (Corriere della Sera). Ho grande considerazione per le convinzioni dell’eminente scienziato e, a differenza ad esempio di Michela Marzano (Repubblica), reputo del tutto lecita l’obiezione di coscienza del medico di fronte all’obbligo di “staccare la spina”. Tuttavia, qual è la differenza tra qualsiasi vita e la vita umana? In passato la risposta era l’anima (l’anima “razionale” di san Tommaso), perché è l’anima che determina l’essere dell’uomo. Ma oggi l’anima viene quasi dimenticata, e la stessa chiesa ne parla poco. L’omissione è stupefacente. Infatti, insieme all’anima, il buon Dio ci ha donato anche il libero arbitrio. E senza libero arbitrio non c’è peccato né redenzione: tutto è già scritto. Invece, io da laico (per giunta perseguitato dalla “bestia”) continuo a credere nel libero arbitrio, mi ritengo del tutto responsabile delle mie scelte. E se desidero morire perché in preda a sofferenze atroci e senza più speranza di esistere, per cortesia: si rispetti il mio libero arbitrio e mi si lasci in pace.

Michele Magno