Renzi, occhio alla “sindrome dei carini”. Ci scrive il braccio destro di Sala

Redazione

    Al direttore - Non capisco perché noi del Foglio, per rianimare Renzi, rinunciamo a imputargli la colpa, la vera strambata di sinistra del piffero che ha fatto: liquidare il Nazareno. Il resto è noia.
    Umberto Minopoli

     

     

    Al direttore - Matteo Renzi, attualmente primo ministro, è il leader politico più talentuoso comparso sulla scena politica italiana dopo la discesa in campo del Cavaliere Silvio B. Chi lo nega può appartenere a due sole categorie, quella dei cretini o quella, diffusa assai, dei rancorosi bugiardi. Il giovane Renzi conquista il potere come può, cioè profittando dell’occasione che gli si presenta all’inizio del 2014. Lo fa asfaltando Enrico Letta e dimostrando faccia tosta e cinismo in dosi industriali, come peraltro si richiede a chi voglia fare quel mestiere (cioè il capo politico e l’uomo di governo). Lo capisce al volo Giorgio Napolitano, che decide di investire su questo giovanotto arrogante non poco, inelegante assai (nessuno osi dimenticare il giubbotto esibito con tracotanza da Maria De Filippi), ma indubbiamente carico di energia e di fiuto politico, tanto da far sembrare gente come Massimo D’Alema personaggi da archivio fotografico Alinari.

     

    Renzi arriva a Roma con un gruppo di amici toscani e non (ma soprattutto toscani) cementato da due o tre edizioni della Leopolda, tutti sorridenti e gentili, ma naturalmente divisi tra loro da odi feroci.  Sono bravi e svegli, sia i maschi sia le femmine.

     

    Iniziano a governare, tutto sommato non sfigurando.  Sono appassionati di politica e si vede. Sono stronzi e cattivi e si vede benissimo (meno male, i buoni vanno bene solo nelle fiabe e forse annoiano pure lì). Sono decisamente provinciali, il che può essere un difetto, anzi lo è, ma può tornare utile per non perdere il contatto con la realtà. Poi arriva il 2016, con le sue elezioni amministrative. E i ragazzi prendono una bella mazzata, anche se i risultati sono complessi e non tutti sfavorevoli, come giustamente tu hai scritto ieri. Ecco allora il quesito cui tentare di rispondere: è dunque giunto al capolinea il renzismo?  Possiamo archiviarlo come fenomeno passeggero, una stravaganza di sinistra (!) nella fase crepuscolare del ventennio berlusconiano? Forse sì o forse no. Lo vedremo nei prossimi mesi. Però sul renzismo incombe un pericolo mortale, di cui non paiono rendersi conto i protagonisti di primo livello del renzismo medesimo. Si stanno ammalando di una malattia gravissima, direi mortale. Sono stati contagiati infatti dalla “sindrome dei carini”, quell’impasto stucchevole di foto “giuste”, posti “giusti”, vestiti “giusti”, che sembra aver preso il sopravvento nella loro vita pubblica. Due esempi per capirci. Sabato scorso il ministro Boschi va alla giornata inaugurale dell’installazione di Christo sul lago d’Iseo. Posto carino, atmosfera carina, vernice perfetta.
    Tutto molto giusto, tutto molto cool. E intanto a Roma e Torino la gente polverizza i candidati del Pd. Ma un errore grave lo fa anche il premier. Perché, il giorno dopo la dura prova elettorale, devi comparire a Palazzo Chigi con quel genio di chef che si chiama Massimo Bottura?

     

    Perché fai una cosa “carina” dopo la tua peggiore giornata politica di sempre? Allora il sospetto viene e viene molto forte. L’Italia ha problemi enormi cui mettere mano, chi ne dubita guardi i dati sulle sentenze definitive non eseguite a Napoli usciti nei giorni scorsi. Chi ci governa ha il dovere di stare sul pezzo dei problemi, dalla mattina alla sera. Non solo perché è giusto, ma anche perché serve a prendere voti. Il renzismo ha rinunciato a tutto questo?  Roma, nella sua brutale dolcezza avvolgente si è già portata via cuore e anima del premier e del suo gruppo dirigente? Dipende solo da loro. E dalla loro voglia di star lontani dal Salotto 42.
    Roberto Arditti

     

     

    Al direttore - Le elezioni amministrative hanno in comune con le future elezioni politiche un elemento decisivo: il ballottaggio. I risultati di quelli di domenica mi suggeriscono questi spunti di riflessione: 1. Presupposto di ogni possibilità di vittoria è l’unità del centrodestra. Lo impongono la nostra storia e la legge elettorale. No unità, no ballottaggio, sconfitta sicura. 2. Per vincere al ballottaggio con la sinistra dobbiamo avere un candidato moderato ma non troppo, per attirare in parte gli (indispensabili) voti grillini? 3. I risultati propongono la seguente equazione: Matteo Renzi : Partito della Nazione = Matteo Salvini : Partito nazionale. 4. Berlusconi è da sempre maestro nell’interpretare la legge elettorale. Metidiamo, gente…
    Antonio Palmieri, deputato Forza Italia

     

    Lezione ulteriore, soprattutto per il centrodestra. Il lepenismo non funziona. Un centrodestra che rincorre il lepenismo non funziona. Salvini chi?