Caspita, a Ostia cadono le accuse di mafia. Where is the beef?

Redazione

    Al direttore - Calenda: “Report su Vegas ha ragione. Non credo stia al governo commentare sulle istituzioni indipendenti però sono stati fatti gravi errori”. E pensa se avesse voluto commentare.
    Giuseppe De Filippi

     

     

    Al direttore - Qualche giorno fa, alla stazione dei treni, ho visto una ragazza sul predellino che salutava il proprio ragazzo. Lui si è proteso sulla punta dei piedi e la ha dato un gran ultimo bacio. Io sono passo oltre, con un gran sorriso. Lo dico perché, a me, quel bacio non risulta neutrale. Non è qualcosa che “rispetto” ma che preferirei “che quei due facessero a casa loro”. A me sta immensamente, profondamente, simpatico. Li difenderei da chiunque volesse impedirlo. In un lampo, ci ho visto secoli di fisica, biologia, cultura, psicologia, che si condensano in quella vertigine assolutamente personale, quel ragazzo e quella ragazza, qui e ora. “La bocca mi baciò tutto tremante”. Lo scrivo il giorno dopo Orlando perché, come spesso facciamo, ancora una volta dividiamo ciò che invece è un groviglio unico. Omofobia o terrorismo islamico? Controllo delle armi o lotta all’ideologia politico-religiosa di chi le imbraccia? Per quanto mi riguarda, puoi togliere dal mercato tutte le armi che vuoi – e sarebbe comunque un grandissimo passo avanti, che troncherebbe la capacità di danno di molti violenti. Ma se non capisci, nel tuo intimo, che finché non sarà sereno e possibile anche per due ragazzi omosessuali baciarsi così alla stazione, fin quando questo sarà al massimo “tollerato”, fin quando ci sarà chi vorrebbe confinarlo in casa per non turbare i bambini, fin quando “rispetteremo” chi in nome della religione considera la diversità un’aberrazione, chi cerca un diverso su cui scaricare la propria frustrazione, il problema continuerà a rispuntare. Lo farà comunque, perché la tendenza a ghettizzare, a trovare capri espiatori (sociali, razziali, religiosi, sessuali) ce la portiamo nel sangue e basta un secondo per tornare uomini delle caverne, con le nostre lance protese verso il buio, ansiosi di definire i buoni e i cattivi, i sani e i malati, noi e gli stramaledetti altri. Già Robin Morgan parlava della connessione tra terrorismo e odio macista – anche nelle donne – per ogni devianza da un modello di società ideale, che il mondo contemporaneo contesta e sfida. Ma si può e si deve lottare per stanare questo impulso, ovunque si nasconda, qualunque faccia assuma.  Certo che l’Islam ha un problema, come sottolineano dissidenti intrepide come Hirsi Ali o Irshad Manji – che ha avuto il coraggio di sposarli con un’altra donna mentre sua madre pronunciava una benedizione coranica. E il mondo di sinistra dovrebbe gridarlo a gran voce, e smettere di pensare che tutti sarebbero dei socialisti, se solo avessero i mezzi, e che non ci sia chi possa davvero pensare di fare a pezzi delle persone per banchettare con le vergini per tutta l’eternità. Ma anche chi vorrebbe confinare in casa quel bacio alla stazione ce l’ha, un problema. Più sottile, meno clamoroso e meno violento – grazie alla batoste di parecchi secoli di umanesimo ormai entrati in circolo – ma ce l’ha. Io nel giorno della Memoria sono stato orgoglioso di portare la Kippah, come ha invitato a fare il nostro giornale (la gente mi guardava e vedevo che pensava: non è solo frocio, quello è pure ebreo!). Non credo nell’Ebraismo, nei suoi riti e credenze, ma credo nella difesa di ciò che una persona è, la gloria di cercare di essere se stesso, e di dirlo con ogni gesto. Sarebbe bello se tanti avversari della tanto “tenebrosa ideologia gender” e della “superficialità da baraccone dei gay pride” – un tempo erano i cristiani cannibali, poi gli ebrei avvelenatori, poi le femministe puttane – indossassero una bandiera arcobaleno, e tifassero per quel bacio sul treno, magari sorridendo anche se a scambiarselo fossero due ragazzi o due ragazze. E’ questa l’unica spada che, già nella nostra piccola vita quotidiana come in quella collettiva, tronca quel nodo di Gordio.
    Edoardo Rialti

     

     

    Al direttore - Caro Cerasa. Leggo sulle agenzie: “Cade l'associazione e l'aggravante della modalità mafiosa. Si chiude con 10 condanne e 8 assoluzioni il processo d'appello che vedeva alla sbarra diciotto persone, tra cui componenti delle famiglie Fasciani e Triassi, accusate di aver dominato le attività illecite a Ostia, quartiere litoraneo di Roma”. Dunque, non era mafia?
    Luca Tidei

     

    In questo processo, per la prima volta, fu riconosciuta a Roma l'associazione mafiosa. Diciamo che non è una buona notizia per i professionisti dell’anti mafia capitale. Dov’è la mafia? Where is the beef?