Agenda Settis non trionferà. Due parole sul caso Morosini

Redazione

    Al direttore - Non esistono pensieri sconosciuti ma solo pensieri non ancora travisati.
    Giuseppe De Filippi

     

    Al direttore - Leggo che Salvatore Settis, non contento di essere stato sbugiardato dagli antichisti di mezzo mondo sulla falsa attribuzione del Papiro di Artemidoro, ora si cimenta su temi di diritto costituzionale, pronto a porgere evangelicamente l’altra guancia ai giuristi di mezzo mondo.
    Giuseppe Di Leo

    A-gen-da Set-tis non tri-on-fe-rà!

     

    Al direttore - Mica c’è tutto questo bisogno di unire i puntini, come ci richiami a fare nel tuo articolo, caro direttore. A leggere l’intervista al magistrato Piergiorgio Morosini di Annalisa Chirico si capisce benissimo, senza dover fare neppure lo sforzo di collegare puntini, la mentalità che sfiora pericolosamente il golpismo della magistratura italiana. La boria intellettuale di chi non ha dubbi che la riforma della Costituzione che si voterà a ottobre è autoritaria (chissà se ha letto l’intervista di Napolitano a Cazzullo, se sì non l’ha ritenuta degna di un’alzata del sopracciglio, che gli fa a uno come lui un Giorgio Napolitano qualunque?), il sovrano disprezzo per chi ne è l’autore, per l’entourage del premier, per Cantone all’Anticorruzione. I toni al limite della provocazione della volontà di entrare duro nella campagna elettorale per il No alla riforma della Costituzione (“Ho appena comunicato alla segreteria le mie disponibilità. Gireremo il paese in lungo e in largo”). Ma si sa, lui è “per la sinistra sociale che pensi alle persone svantaggiate, ai pensionati, agli immigrati”.  Ecco spiattellato un bel pensiero reazionario: un alto magistrato italiano, un membro del Consiglio superiore della magistratura. Uno che sa quello che dice. Anzi, no.
    Roberto Volpi

    Lo scandalo c’è e non c’è. La corrente di cui fa parte Morosini, Md, professa da tempo alla luce del sole la sua identità politica, come spieghiamo oggi nelle due pagine conclusive della nostra inchiesta su Md. Quanto al caso di ieri, il giudice Morosini sostanzialmente smentisce il titolo dell'intervista ma non smentisce  ovviamente quello che non può smentire: il colloquio che ha avuto al Csm con la nostra giornalista Annalisa Chirico. Abbiamo ovviamente comunicato la nostra disponibilità al giudice di chiarire quello che crede sia giusto chiarire, quando vuole, ma sullo scandalo delle parole di Morosini crediamo ci sia poco da chiarire. Il pensiero di Morosini (vedi il primo editoriale a pagina tre) è il pensiero di Md e la resistenza costituzionale di Md non è una novità: funziona così da 20 anni. Quando c’era Berlusconi al governo tutti chiudevano gli occhi. Oggi gli occhi cominciano ad aprirli in tanti. Bene, no?

     

    Al direttore - Le parole del consigliere del Csm Morosini nel colloquio con Annalisa Chirico lasciano piuttosto sconcertati. Averle pubblicate è un buon contributo per capire ciò che sta accadendo nei rapporti fra magistratura e politica, più precisamente col governo. A me pare che vi sia una premessa iniziale che vizia un po’ tutto il discorso del consigliere e di chi la pensa come lui, come per esempio il pm Profiti da lei citato nel suo editoriale. Non si capisce perché faccia tanta “paura” la cosiddetta governabilità e la riforma costituzionale oggetto del referendum. Si parla di “rischio di democrazia autoritaria” se si arrivasse a un rafforzamento dei poteri del premier, francamente sembra un’esagerazione dato che in altri paesi europei esistono premierati con poteri decisionali maggiori che non vanno sicuramente a scapito dell'indipendenza della magistratura. E non si vede perché il governo Renzi dovrebbe avere in animo una politica di questo genere, al contrario è nell’interesse di tutti un sano equilibrio e rispetto reciproci fra i poteri dello stato. Opporsi alle riforme costituzionali da parte di una certa magistratura non fa certamente bene alla democrazia italiana.
    Pasquale Ciaccio