Rimandiamo a casa Vandana Shiva, la sua terra non esiste

Redazione

    Al direttore - Dice Gianluca Grignani che gli ha dato la scossa riascoltare John Lennon. Be’, a Montezemolo gliela dava ripensare a Niki Lauda.
    Maurizio Crippa

     

    Al direttore - Il suo giornale ha riportato la vicenda  che vede contrapposti il magazine New Yorker e Vandana Shiva, fondatrice di Terra Madre, nonché paladina della battaglia anti Ogm e  spesso presente anche in Italia. La  rivista principe dei liberal americani, ha pubblicato un lungo servizio in cui demolisce Vandana Shiva.  Ne dimostra la totale assenza di titoli scientifici (la Shiva viene spesso presentata come uno dei più importanti fisici indiani, ma pare non sia mai andata oltre la laurea). Smantella le panzane raccontate dalla stessa sui suicidi dei contadini indiani a causa dei debiti che avrebbero accumulato con la Monsanto, dimostra, al contrario di quanto sostenuto dalla Shiva, il successo del cotone BT, una varietà geneticamente modificata, per la crescita dell’agricoltura indiana. La Shiva ha provato a replicare, accusando tutti (persino la fondazione non-profit Bill & Melinda Gates) di essere servi della Monsanto, ma si è beccata una replica puntuale e precisa dal direttore del New Yorker. Pubblicazione che certo non può essere accusata di sudditanza alle multinazionali. Bene, tutto questo per dire che contemporaneamente il comitato dell’Expo 2015 ha pensato bene di ingaggiare la Shiva come consulente scientifico del suo programma di manifestazioni. Dove si parlerà di come nutrire  7 miliardi di persone con una Signora che ritiene occorra tornare ai buoi e all’aratro. Buona fortuna.
    Chicco Testa

     

    Lei arriva buon secondo, dopo il pezzo di sabato che Lo Prete ci ha regalato per la firma impeccabile di Masini. Ma buon secondo. D’altra parte siamo tutti schiavi del New Yorker. Lavora in perdita da molti anni, se lo può permettere, è una chicca come si dice, perché hanno il fact checking, verificano mille volte quel che scrivono. Intendiamoci, dicono corbellerie pure loro e alimentano, pure loro, delle noie da Radiotre che hanno qualcosa di bestiale e possono indurre noi gente ordinaria alla follia, la voglia alla Orlando di strappar quercia e lecci e sdraiarsi sul prato a guardare il cielo per giorni e piangere copiosamente tra urla bestiali di dolore. Stavolta l’hanno beccata. Per una volta che un Bobo Maroni poteva far la sua bella figura, e (quasi) tutti ne avremmo avuti bella convenienza...

     

    Al direttore - A Bologna domenica quegli eurosocialisti in camicia bianca avevano un riferimento comune, più antico di Craxi: Léon Blum e quel suo libro, “La réforme gouvernementale”, uscito nel 1936 a Parigi, ma in realtà preceduto da un’edizione preparatoria del 1918 (quando l’autore era in Conseil d’état ed era stato capo di gabinetto del ministro Marcel Sembat). Vi si affrontava il “travail gouvernemental” e con esso il tema della gerarchia, autorità, organizzazione dell’esecutivo. “La missione, il compito necessario del capo è di dare ordine al complesso dell’attività di governo, di adattare l’amministrazione alla politica. In uno stato democratico la sovranità appartiene, in teoria, al popolo e alle assemblee elette. Praticamente, è delegata all’uomo”. Non sono parole di Renzi e neanche di De Gaulle; risalgono a Léon Blum.
    Luigi Compagna

     

    Fosse vero che Matteo, Pedro e gli altri siano stati presi in quel vasel, anche se per incantamento.

     

    Al direttore - Finalmente Silvio Berlusconi ha detto sulla Russia quel che volevo sentire! E’ quello che pensano in tanti e che rappresenta una boccata d’aria fresca rispetto alle posizioni aggressive della Nato, comprese le esibizioni muscolari di Renzi e della Mogherini.                                                                                                                                                                  
    Filippo Testa

     

    Kissinger ha detto quel che c’era da dire. 500 anni di Ucraina russa impongono un negoziato serio, non una rivoluzione, tanto meno arancione, e il suo seguito. E Berlusconi è di quella partita, anche per aver lavorato nella direzione giusta quando era alla guida del governo italiano (ultima politica estera conosciuta, poi vennero le Bonino, ora si vede).