Oltre Netflix

Mariarosa Mancuso
115 titoli in arrivo e un’industria alle spalle per produrli con qualità che al cinema ormai scarseggiano

    Record su record. A metà dello scorso settembre è uscito il primo numero di Entertainement Weekly interamente dedicato alla televisione: 160 pagine per illustrare sia le serie che prendono il via questo autunno sia le nuove stagioni delle serie già in corso (i lettori disinteressati all’argomento erano rimandati al sito del settimanale, per trovare le solite rubriche di cinema, musica e libri). 115 titoli, il meglio che lo spettatore possa trovare su piazza (che dal prossimo 22 ottobre, anche per gli italiani vorrà dire Netflix, in aggiunta ai canali già frequentati). 115 serie tv a disposizione fanno immaginare, con un brivido, l’industria necessaria per produrle: gente che scrive bene, che recita meglio, che punta sull’intelligenza e sull’immaginazione.

     

    Qualità che al cinema spesso scarseggiano. Basta confrontare il micidiale accumulo di luoghi comuni intitolato “Lo stagista inaspettato” (diretto da Nancy Meyer, neanche un maschio da incolpare per un film dove i fazzoletti in cotone servono per asciugare le lacrime femminili) con le ghiotte proposte della tv. In un giorno di vacanza da “Breaking Bad” (lavorava come sceneggiatrice e produttrice), Moira Walley-Beckett ha avuto l’idea di una serie sul balletto classico, intitolata “Flesh and Bone”. Tutù e scarpette a punta, una spietatezza che rende l’ambiente poco adatto alle signorine.

     

    “Blindspot” comincia quasi come “The Bourne Identity”. Nel film di Doug Liman, Matt Damon si svegliava senza memoria su un peschereccio. Unico indizio: un numero (scopriremo essere il conto in una banca svizzera) impiantato sottopelle. Qui una donna si sveglia a Times Square, nuda e ricoperta di tatuaggi. Non ricorda niente. Saranno gli agenti dell’Fbi a dover decifrare le scritte sul corpo, per ridarle un’identità. Sempre Fbi, ma stavolta si tratta di reclute, in “Quantico”, con la star del cinema bollywoodiano Pryanka Chopra. La ragazza viene ben addestrata, come Clarice nel “Silenzio degli innocenti”, e invece di ritrovarsi con un cannibale sarà sospettata di terrorismo a New York. Garantiscono gli showrunner Martin Gero e Greg Berlanti che gli spettatori avranno più informazioni dei personaggi. Ritorna così – in versione aggiornata – la sfida che i giallisti e gli investigatori suggerivano ai lettori: “Hai tutti gli elementi del puzzle, trova la soluzione”.

     

    40 anni dopo “Wonder Woman”, l’autunno vedrà tornare in tv una supereroina. In gonnellino a pieghe da majorette: i calzoncini a stelle e strisce dell’antenata non usano più. Si chiama “Supergirl”, e in giro non vediamo nessun Superman a cui fare da ancella. In “Indian Summers”, Paul Rutman trasporta la società britannica e classista di “Downton Abbey” – ormai alla sua sesta e ultima stagione – nell’India coloniale, precisamente sull’Himalaya: un omicidio rompe l’incanto, e ci saranno retroscena politici (viene in mente, quando il cinema era cinema, e lo giravano Powell & Pressburger di “Scarpette rosse”, l’incantevole “Narciso nero” con Deborah Kerr).

     

    Si rinnovano le serie arrivate al 17° anno come “I Simpson”: tra le nuove guest star, in sola voce, ci sarà Lena Dunham. Si rinnovano anche le più recenti. “The Affair” aveva raccontato un adulterio dal punto di vista di lei e di lui – mezza puntata ciascuno. Ora raddoppia, aggiungendo i punti di vista dei traditi. Da un classico di Philip Dick – noto agli appassionati della prima ora come “La svastica sul sole” – è tratta invece la serie “The Man in the High Castle”. La Germania nazista e il Giappone hanno vinto la Seconda guerra mondiale, a Times Square campeggiano le svastiche.