Le emissioni di CO2 tornano a crescere

Rivista Energia

Succede perché la crescita economica non è compensata da incrementi soddisfacenti dell’efficienza energetica e dall’espansione delle rinnovabili. Il commento di Enzo Di Giulio

nuovi dati sulle emissioni di carbonio pubblicati dall’Agenzia dell’Energia di Parigi destano grande preoccupazione. A livello mondiale, nel 2018, la CO2 associata ai consumi energetici è cresciuta dell’1,7%, raggiungendo il volume complessivo di 33,1 miliardi di tonnellate.

 

L’Agenzia sottolinea come si tratti del tasso più alto dal 2013 e come esso sia del 70% più elevato della crescita degli ultimi dieci anni. Con l’eccezione dell’Europa (–1,3%), tutti i grandi player incrementano le proprie emissioni: la Cina del 2,5%, gli Stati Uniti del 3,1% e l’India del 4,8%. Un filo di crescita economica è stata sufficiente a stimolare una crescita del 2,3% dei consumi energetici e, a seguire, del carbonio.

 

A differenza del triennio 2014-2016, nel quale le emissioni non erano cresciute, nel 2018 – come già nel 2017 – esse aumentano e ciò accade poiché la crescita economica non è compensata da incrementi soddisfacenti dell’efficienza energetica e da espansioni delle rinnovabili. Per la prima volta la IEA ha calcolato il contributo dei combustibili fossili all’incremento di temperatura di 1 °C rispetto al livello pre-industriale, mostrando come il carbone da solo sia responsabile di 0,3 °C. Tale ruolo chiave è confermato nel 2018, anno in cui il carbone contribuisce all’incremento complessivo delle emissioni nella misura del 30%. In particolare, le centrali elettriche a carbone risultano essere il principale responsabile della crescita delle emissioni, con un aumento del 2,9% rispetto al 2017.

 


Il tasso di crescita delle emissioni di CO2 associate ai consumi energetici è il più alto dal 2013, il 70% più elevato della media degli ultimi dieci anni 


 

Non indugiamo oltre nei dati, il lettore potrà trovare tutti i dettagli nel report della IEA. Qui, più che il dato, interessa il suo significato. Il rapporto dell’Agenzia di Parigi ci consegna un messaggio desolante e critico composto dai seguenti punti: il Pianeta sta andando in direzione contraria a quanto – peraltro insufficiente per conseguire l’obiettivo dei 2 °C – definito nell’Accordo di Parigi. Non solo il segno delle emissioni è sbagliato ma la stessa entità è preoccupante: del 70% più alta della media dal 2010 in poi.

 

Fonte: IEA

 
Il dato del 2018 conferma quello del 2017 ed evidenzia, ancora una volta, come la crescita economica sia la variabile chiave nel problema delle emissioni. Il decantato plateau delle emissioni dei tre anni 2014-2015-2016 si è verificato in presenza di tassi di crescita del PIL mondiale pari, rispettivamente, a 3,58%, 3,45%, 3,27%. Crescite pari a 3,74% e 3,73% nel 2017 e 2018 hanno stimolato la crescita delle emissioni. Tuttavia, la responsabilità non risiede solo nell’espansione economica. Ciò è ben sottolineato dalla IEA che mostra come nel 2018 la crescita delle emissioni sia stata pari allo 0,5% per ogni incremento dell’1% dell’output, contro un valore medio dello 0,3% dal 2010 in poi. In altri termini, efficienza e decarbonizzazione non hanno operato come avrebbero dovuto.

 


Efficienza e decarbonizzazione non hanno operato come avrebbero dovuto


 

Chiudiamo questa breve riflessione con alcune domande, immediate, che i dati della IEA suggeriscono: l’Accordo di Parigi è insufficiente e debole? Vi è forse in esso un vizio di fondo che risiede nel fatto che i target dei paesi siano solo volontari? L’evitare con determinazione obiettivi di taglio delle emissioni legalmente vincolanti – come lo furono nel Protocollo di Kyoto – rende implicitamente gli Stati liberi di emettere quanto vogliono? Più in generale, cosa sta accadendo? Siamo di fronte a un subdolo meccanismo di rimozione collettiva? Che significato ha l’Accordo di Parigi? È per caso esso, per il genere umano, la mera propaganda di una volontà fiacca e malata… l’ultima sigaretta di Zeno del Pianeta?

 

L'articolo è di Enzo Di Giulio, economista, preside della Scuola Enrico Mattei di Eni Corporate University e membro del Comitato Scientifico di «Energia». Le opinioni espresse non vanno ascritte all’azienda nella quale lavora. L'articolo è stato pubblicato originariamente su www.rivistaenergia.it

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