Dalla Francia arrivano insinuazioni contro Minniti: accordi occulti tra Italia e Libia

Redazione

La rassegna della stampa internazionale sui principali fatti che riguardano da vicino il nostro paese. Oggi articoli di Monde, New York Times, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Guardian...

Tra la Libia e l’Italia, "piccoli accordi" contro i migranti

Parigi, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - Il quotidiano francese "Le Monde" si scaglia oggi giovedì 14 settembre in un duro attacco contro l'Italia per il modo con cui sarebbe stato raggiunto l'obbiettivo di arrestare il flusso di migranti proveniente dalla Libia: in un articolo pubblicato in prima pagina e scritto a due mani dai corrispondenti da Tunisi e da Roma, Frédéric Bobin e Jérôme Gautheret, si afferma infatti che la spettacolare diminuzione dei soccorsi e dei salvataggi di migranti nel Mar Mediterraneo, registrata da agosto in poi, non sarebbe affatto dovuta alla raggiunta operatività della guardia costiera libica, come sostiene il governo italiano, grazie al suo completamento equipaggiamento iniziato dalla scorsa primavera con fondi europei; e neppure dalla regolamentazione imposta alle organizzazioni non-governative (Ong), la cui semplice presenza in mare davanti alle coste della Libia è indicata da molti come un incentivo alle partenze dei migranti. Il "Monde" insinua invece che all'origine del fenomeno ci siano accordi occulti che l'Italia avrebbe stretto con loschi personaggi libici. Il quotidiano francese in particolare punta il dito contro il ministro dell'Interno italiano, Marco Minniti, che negli scorsi mesi ha moltiplicato gli incontri in Libia con personaggi locali, sindaci di città e capi di tribù, assicurando a ciascuno la sua volontà di "ascoltare i loro bisogni" e di "aiutarli". L'articolo insinua che Minniti avrebbe stretto inconfessabili patti con delle milizie armate e persino con gli stessi trafficanti di esseri umani, al rischio di rafforzare e di legittimare le milizie libiche contigue alla criminalità organizzata. In particolare i due giornalisti Frédéric Bobin e Jérôme Gautheret citano il caso di Ahmed Al Dabbashi, soprannominato Al Ammu ("Lo Zio"), il capo della Brigata dei martiri Anas Al Dabbashi: fino allo scorso luglio dominava il traffico di migranti a partire da Sabratha, cittadina costiera libica ad ovest di Tripoli; dopo aver stretto un accordo con lui per la protezione degli impianti gassiferi dell'Eni nel vicino sito di Mellitah, il governo di Roma gli avrebbe versato 5 milioni di dollari per bloccare la partenza dei gommoni carichi di migranti. Oltre a questa accusa all'Italia, il lungo reportage mette in dubbio l'efficacia di questi "piccoli accordi", citando la possibilità che il flusso di partenze dei migranti, bloccato a Sabratha, possa trasferirsi in altre zone della costa libica; e denuncia le violenze e le esazioni a cui i migranti provenienti dall'Africa sub-sahariana continuano ad essere comunque sottoposti in Libia da parte delle reti di trafficanti. 

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Italia, il progetto di legge sullo ius soli rinviato sine die

Parigi, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - Il governo italiano ha deciso di rinviare "sine die" l'esame al Senato del progetto di legge ("ius soli") che dà la cittadinanza ai giovani stranieri nati in Italia, a causa della mobilitazione parlamentare della destra e dell'opposizione crescente dell'opinione pubblica a pochi mesi dalle elezioni legislative. I senatori avevano iniziato a dibattere il testo, già adottato dalla Camera dei Deputati, alla metà dello scorso mese di luglio, prima di rinviarne l'esame appunto a settembre: ma di fronte al deposito di oltre 40 mila emendamenti da parte delle opposizioni di destra il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni ha scelto di dare priorità all'esame della legge Finanziaria per il 2018 e quasi certamente il Senato non avrà più il tempo di approvare la legge sullo ius soli prima delle elezioni previste nella primavera del prossimo anno.

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L’Egitto mette sotto accusa l’avvocato che indagava sulla morte di Regeni

Londra, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - Ibrahim Metwally Hegazy, l’avvocato egiziano che indagava sulla morte di Giulio Regeni, scomparso domenica all’aeroporto del Cairo, da dove stava partendo per Ginevra per parlare proprio delle sparizioni involontarie a un gruppo di lavoro delle Nazioni Unite, è riapparso davanti ai giudici per rispondere di diverse accuse. L’uomo, riferisce il quotidiano britannico, è accusato di gestire un gruppo illegale, diffondere false notizie e collaborare con organizzazioni straniere, e rischia fino a cinque anni di carcere. Su “The Times” un commento di Giles Whittel: il dittatore egiziano, Abd al-Fattah al-Sisi, deve fare chiarezza sulla morte di Regeni e lasciare libero Metwaly; fino ad allora l’unico status che merita è quello di pariah.

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Roma: un piano di disinfestazione dopo alcuni casi di Chikungunya

Parigi, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - Il Comune di Roma ieri, mercoledì 13 settembre, ha annunciato un piano di disinfestazione straordinaria dopo una serie di casi di febbre Chikungunya: la misura è stata giudicata "troppo tardiva" dalla ministra della Sanità, Beatrice Lorenzin, che ha enumerato ben 17 casi sospetti o accertati di questa malattia tropicale, registrati negli ultimi giorni a Roma e nel Lazio. Nel comunicato emesso dalla sindaca di Roma Virginia Raggi (Movimento 5 stelle, populista), è scritto che "l'ordinanza mira a lottare contro l'emergenza sanitaria dovuta a due casi di questa malattia trasmessa dalle zanzare tigre". Una misura analoga è già stata presa dalla vicina cittadina di Anzio nei giorni scorsi; da parte sua la ministra Lorenzin ha annunciato come "molto probabile la decisione di una sospensione delle donazioni di sangue" nella capitale italiana.

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PANORAMA INTERNAZIONALE


 

"Wall Street Journal": "Bruxelles non ha imparato nulla" dalla Brexit

New York, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - Il "Wall Street Journal" dedica un duro editoriale al discorso sullo stato dell'Unione europea del presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker. Nel corso del suo intervento, ieri, Juncker ha illustrato le linee guida del piano di auto-riforma dell'Unione europea dopo l'uscita del Regno Unito; secondo il quotidiano economico statunitense, "c'è da chiedersi se l'obiettivo di Bruxelles sia quello di spingere anche gli altri paesi ad andarsene". Anziché concentrarsi sugli aspetti dell'Unione che hanno davvero veicolato prosperità nel Vecchio continente, accusa il "Wall Street Journal", Juncker ha promesso di riformare l'Ue secondo modalità che non faranno rimpiangere a Londra la decisione di andare per la sua strada. Alcuni passaggi dell'intervento tenuto dall'ex premier lussemburghese, ammette l'editoriale, potrebbero suscitare l'invidia di Londra: ad esempio la decisione di "rispolverare i moribondi negoziati commerciali con Australia e Nuova Zelanda", che assieme a quelli con Messico e America Latina costituiscono "una strategia intelligente per tentare di arginare gli impulsi protezionistici provenienti da Washington". Gran parte delle priorità delineate da Juncker, però, "lasciano perplessi". il presidente della Commissione europea "si è piegato alle pressioni di Francia e Germania di concedere più potere a Bruxelles per bloccare gli investimenti stranieri nell'Ue, specie da parte delle compagnie cinesi". Se Londra eviterà misure analoghe, quella delineata da Juncker si trasformerà a tutti gli effetti "in una clausola pro investimenti nel Regno Unito". Juncker vuole anche reinterpretare i trattati europei per consentire all'Unione maggiori poteri decisionali in materia di tassazione e affari esteri, da assumere tramite voti a maggioranza qualificata, e non tramite l'accordo unanime dei paesi membri. Secondo il "Wall Street Journal", "ciò darebbe a Francia, Germania e Italia briglia sciolta per imporre il loro modello ad alta tassazione a paesi più piccoli come Irlanda, Paesi bassi e il Lussemburgo di Juncker". La competizione fiscale da parte dei paesi europei più piccoli, sottolinea il quotidiano statunitense, "è uno dei principali motori di riforma fiscale per le grandi economie": un motore che rischia di sparire se la visione presentata da Juncker si trasformerà in realtà. Le mosse auspicate dal politico lussemburghese "libererebbero Parigi e Berlino dalla necessità di competere tramite le aliquote fiscali o una limitazione della spesa". E l'idea di introdurre il voto a maggioranza qualificata, secondo l'editoriale, "preannuncia discussioni tossiche su questioni di politica estera come la risposta alle crisi mediorientali o la gestione delle relazioni con la Russia". L'intervento di Juncker, insomma, è stato secondo il "wall Street journal" una "opportunità sprecata" di riorientare l'Ue verso l'obiettivo della competitività economica, restituendo agli Stati membri margini decisionali in materia di spesa e immigrazione.

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Tajani: è Erdogan ad aver cambiato il proprio atteggiamento

Berlino, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - In un’intervista rilasciata alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, il Presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, discute del processo di adesione della Turchia all’Unione europea, in discussione a causa della svolta autocratica intrapresa dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Tajani sostiene che ad aver cambiato posizione non sia l’Europa, ma Ankara, e che la maggior parte degli Stati membri non vogliono rompere le trattative in corso. Paesi che come la Turchia valutano l'introduzione della pena di morte, avverte Tajani, non possono avere spazio all'interno dell'Ue, e lo stesso vale per i paesi che pongono limiti alla libertà di parola o di stampa, imprigionando i giornalisti. “È inoltre inaccettabile che Erdogan interferisca con le elezioni tedesche, condizionando i cittadini in merito alle scelte che dovrebbero operare”, sottolinea Tajani, riferendosi agli elettori tedeschi di origini turche, che sono circa un milione. Ciononostante, puntualizza il presidente del Parlamento europeo, occorre portare avanti il dialogo, se non altro per via dell’accordo stretto con Ankara per contenere i flussi migratori attraverso l'Egeo. Su questo fronte, mette in guardia Tajani, non è possibile farsi illusioni: entro il 2100 la popolazione africana è destinata a raddoppiare a cinque miliardi di persone, pertanto va sostenuta la strategia del cancelliere tedesco Angela Merkel e dei suoi colleghi francese, italiano e spagnolo. Per mettere in atto tale piano c’è bisogno di più denaro e che si supporti sul posto l’economia, tramite incentivi alle piccole imprese locali. Nessun paese può risolvere il problema da solo, e per questa ragione, avverte il presidente del Parlamento Ue, entro il 2020 andrà aumentato il bilancio comunitario. Tajani torna a sollecitare la solidarietà di tutti i paesi europei - inclusi quelli est-europei - per far fronte alla sfida delle migrazioni. A tal proposito, spiega, il Ppe intende portare avanti dialogo con il primo ministro Viktor Orban. La collaborazione con la Commissione europea dovrà essere più stretta al fine di raggiungere più facilmente gli obiettivi comuni. Per quanto riguarda il progetto di difesa comune, Tajani spiega che l’Europa deve adottare una strategia condivisa, senza però voltare le spalle alla Nato. In materia economica, invece, occorre prendere dei provvedimenti affinché nazioni straniere, come la Cina, possano investire in Europa rispettando al contempo le stesse regole delle società del Continente.

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Ue: chi ha più da perdere da una rottura con la Turchia?

Berlino, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - All’interno dell’Unione europea non tutti i Paesi vogliono tagliare i ponti con la Turchia. Questo è quanto è emerso nell’incontro dei ministri degli Esteri che si è tenuto a Tallin la scorsa settimana. Da un lato ci sono Germania e Austria, appoggiate dalla Danimarca e dai Paesi Bassi, che propendono per una linea di rigore in risposta alla deriva autocratica di Ankara e alle intromissioni del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, nella politica interna di diversi paesi europei. Il Regno Unito, l’Irlanda e l’Ungheria, invece, sono contrari a una contrapposizione frontale ad Ankara, e come loro lo sono Polonia, Spagna, Francia e l'Estonia, che detiene la presidenza di turno dell'Unione. Il primo ministro greco Alexis Tsipras, ha detto che la fine dei negoziati per l'adesione della Turchia all'Ue sarebbe un “errore strategico”. La Spagna e l’Italia si oppongono alla proposta tedesca di ridimensionare l'assistenza alla Turchia da parte della Banca europea per gli investimenti. Secondo Eurostat, la Turchia è il quinto partner commerciale più importante dell'Ue, dopo Stati Uniti, Cina, Svizzera e Russia. Nel 2016 gli scambi di merci sono aumentati del 4,2 per cento, a 145 miliardi di euro. Il deficit commerciale di Ankara è stato pari a 11 miliardi. I dati dell’Ufficio di statistica turco sottolineano l’interdipendenza delle due economie. Le esportazioni della Ue sono aumentate dell’8 per cento nel 2016. Sono stati stretti accordi commerciali per aziende tedesche, austriache, danesi e britanniche nel 2016. Secondo la Banca Centrale turca, gli investimenti della Ue nel primo semestre di quest’anno sono saliti di quasi il 30 per cento a 2,8 miliardi di dollari. A luglio l’incremento è cresciuto di oltre il 6 per cento, a 80 miliardi di euro. Per investimenti diretti spiccano Francia e Spagna. In leggera diminuzione quelli di Austria e Germania. Inoltre la Turchia funziona da “buffer” con la Russia, secondo Richard Grieveson dell’Istituto di ricerca di Vienna Wiiw. Secondo Guenter Deuber, capo economista della Raiffeisen Research di Vienna, la Germania ha in ballo con Ankara interessi commerciali assai maggiori degli altri partner Ue, con un volume di scambi pressoché doppio rispetto all’Italia o alla Francia.

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Perché l’apprezzamento dell’euro è un problema per la Bce

Londra, 14 set 08:42 - (Agenzia Nova) - La Banca centrale europea, osserva Lorenzo Bini Smaghi, ex membro del consiglio esecutivo della Bce e visiting scholar all’Harvard Weatherhead Center for International Affairs, in un commento sul “Financial Times”, è sempre più preoccupata del tasso di cambio dell’euro. La moneta si è rapidamente apprezzata rispetto al dollaro nel corso dell’estate e, sulla base dell’esperienza dei precedenti cicli, si può prevedere che continuerà ad apprezzarsi. Ciò potrebbe causare diversi problemi: una pressione sull’inflazione, un effetto negativo sull’attività economica, un prolungamento delle misure espansive. L’Eurotower, è la conclusione, ha buoni motivi per preoccuparsi.

Leggi l’articolo del Financial Times

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