Aspirapolvere a chi?

Giulia Pompili

L’elio e la fama fanno una vittima in Giappone. Tra Indonesia e Malesia non mettere il dito

007, tutto è concesso (tranne i social). Tre anni di prigione sono stati comminati all’ex capo dei servizi segreti sudcoreani, Won Sei-hoon. Motivo: influenzò le elezioni del 2012 attraverso Twitter. E’ una notizia non di poco conto, perché per la prima volta un tribunale dice chiaramente che i social network possono influenzare, se non determinare, il voto. Le spie sudcoreane mandarono online circa 780 mila messaggi contro Moon Jae-in, candidato alle elezioni e avversario dell’attuale presidente Park Geun-hye, che vinse con uno scarto minimo del 3,5 per cento.

 

Idol, tutto è concesso? I fan fanno follie per gli idol, soprattutto in Giappone. Ma anche gli idol, i gruppi pop giapponesi (j-pop), pur di rimanere tali, sono disposti a tutto. Un paio di settimane fa una bambina di dodici anni, membro del gruppo idol 3B Junior group (25 elementi tra i 10 e i 16 anni) era in diretta in una trasmissione della Tv Asahi. Provavano le voci, e lo facevano inalando dell’elio. La ragazzina sembra ne abbia respirato troppo ed è entrata in coma (contraddizioni della privacy: partecipava a uno show televisivo in diretta, ma ora non può essere rivelato il suo nome). La Tv Asahi si è scusata pubblicamente.

 

Confindustria alla giapponese. La Womenomics di Shinzo Abe stenta a partire, e la Keidanren (la lobby industriale nipponica) non dà il buon esempio. Ieri ha scelto sei nuovi vicepresidenti: tutti uomini, tutti oltre i sessant’anni. Proteste diffuse (da occidente soprattutto).

 

E’ morto a 85 anni Kenji Ekuan, famoso per aver disegnato la bottiglia in cui viene servita modernamente la salsa di soia. Ma in Giappone lo ricordano anche per il design del bullett train che va da Tokyo al nord del Giappone e per la moto Yamaha VMax.

 

Geopolitica dell’aspirapolvere. “Puoi licenziare la tua governante indonesiana ora!”, recitava qualche giorno fa la pubblicità di un aspirapolvere in Malesia. Proteste dall’ambasciata indonesiana a Kuala Lumpur. Poi si è scoperto che la reclame non era stata autorizzata, e comunque rischiava di creare problemi all’incontro del presidente indonesiano Joko Widodo con il primo ministro malese Najib Razak. La questione, però, non può essere ridotta agli aspirapolvere. Perché tra Indonesia e Malesia i rapporti sono molto complicati (storici e territoriali, come usa nel Pacifico) e quello delle governanti indonesiane che lavorano per la classe media malese (si stima circa due milioni) è un problema sociale di cui si parla da anni: sono tante e sono divenute indispensabili (esistono guide su internet che spiegano cosa fare quando la governante indonesiana va in vacanza). Ieri a Hong Kong è stata condannata la 44enne che aveva torturato la sua governante indonesiana, Erwiana Sulistyaningsih; una sentenza che chiude una battaglia-simbolo delle proteste contro la “nuova schiavitù”.


A proposito di aspirapolvere offensivi: una donna sudcoreana ha acceso il robot che pulisce il pavimento in casa e poi si è addormentata sul futon (il materasso che si usa direttamente sul pavimento). Il robot l’ha attaccata ai capelli, sono serviti i vigili del fuoco per liberarla dalla presa. L’immagine è diventata virale su internet.

 

Mentire non serve. Le rettifiche al famoso libro del disertore Shin Dong-hyuk, “Escape from Camp 14” – che alla fine non era il 14 ma il 18 – ha portato alla luce il problema della credibilità dei rifugiati nordcoreani. Molti di loro aumentano la drammaticità delle storie, alterando la realtà, e a volte succede che vengano pagati dai giornalisti per parlare di atrocità molto più atroci del reale. Alcuni tornano in Corea del nord, incapaci di adattarsi alla vita altrove, quando impossibilitati ad avere l’assistenza delle organizzazioni che operano per i rifugiati. Sul New York Times di venerdì scorso, Lee Hyeon-seo (nordcoreana rifugiata in Corea del sud), scrive: “La saga di Shin è stata una lezione dolorosa ma indispensabile per tutti i nordcoreani: non mentire sulla tua storia. La verità è abbastanza potente”.


Domenica scorsa la Corea del nord ha testato cinque missili a corto raggio, sparati verso il mar del Giappone, per protestare contro le esercitazioni militari congiunte tra America e Corea del sud programmate nei prossimi giorni.

 

Grillini a Delhi. Domenica si è votato per il governo locale di Nuova Delhi. Una campagna elettorale martellante e sublime, per certi aspetti (imperdibili le corrispondenze di Matteo Miavaldi su China Files), e il primo vero fallimento di Narendra Modi, l’uomo che abbraccia tutti (soprattutto Barack Obama). Ha vinto infatti il partito d’opposizione, quello, letteralmente, “dell’uomo comune” (Aam Aadmi Party), una specie di Movimento cinque stelle all’indiana. Il partito Aam Aadmi si è aggiudicato 67 dei 70 seggi dell’Assemblea.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.