Valentina Cortese, l'icona del teatro italiano che anche Hollywood ci invidiava

Eugenio Murrali

    P er favore Valentina perdonami!”, Ingrid Bergman concludeva così il suo discorso agli Oscar del 1975. Quell'anno vinceva come miglior attrice non protagonista per “Assassinio sull'Orient Express” ed era convinta che Hollywood dovesse il premio a Valentina Cortese. L'attrice milanese concorreva per l'interpretazione in “Effetto notte” di François Truffaut, “la migliore di sempre”, secondo la Bergman. Era amata persino dalle colleghe attrici, Valentina Cortese, e forse questo racconta più di ogni altra cosa chi sia stata. Si è spenta nella sua casa milanese, sotto il peso del tempo, lei che fino all'ultimo ha goduto del dono della leggiadria. La ricorda la sua storica amica Rosalina Neri, anche lei attrice di Giorgio Strehler, “Valentina era una donna che ha sofferto tanto. Per me è stata la più grande attrice del teatro italiano”. La Cortese ha dominato la scena del cinema e del teatro fin dai tempi dei telefoni bianchi. Il suo successo senza declino è stato possibile perché professionalità e umanità non sono mai state disgiunte in lei. Icona di eleganza, i fazzoletti che indossava sul capo volevano essere l'omaggio ai contadini che l'hanno cresciuta da bambina, tra la campagna di Agnadello e quella di Rivolta, dove viveva con la famiglia di “Mamma Rina”, la sua balia. Lì, in un fienile, improvvisò la sua prima recita. Quella forza antica l'ha accompagnata ovunque nella vita, segnata da grandissimi amori, come quello per il direttore musicale della Scala Victor de Sabata, per Richard Basehart, per Giorgio Strehler. Per quest'ultimo – indimenticabile resta l'interpretazione della Cortese nel “Giardino dei ciliegi” da lui diretto – provò persino a pregare Greta Garbo di tornare a fare cinema: Strehler aveva infatti scritto una sceneggiatura sulla vita di Eleonora Duse e sperava di averla come interprete.

    Da Hollywood – dove giocava a tennis con Charlie Chaplin che l'avrebbe voluta in “Luci della Ribalta”, frequentava Marilyn Monroe, Orson Welles e tanti altri – dovette andare via dopo avere rovesciato un bicchiere pieno di whisky su un noto produttore che non si stava comportando da galantuomo. In Italia lavorò anche con Antonioni, “Le amiche” (1955), Fellini, “Giulietta degli spiriti” (1965), Zeffirelli, “Fratello sole, sorella luna” (1971), fra i tanti, offrendo interpretazioni mirabili grazie a uno stile personalissimo, rimasto punto di riferimento per molte attrici delle generazioni successive. Giulia Lazzarini, altra grande attrice di Strehler e del Piccolo Teatro, ci testimonia l'affetto profondo che Valentina Cortese sapeva dare e ispirare: “Con la sua scomparsa perdo una voce che ha sempre risuonato in me. Era una persona di una generosità estrema, una compagna di lavoro e un'amica incredibile. L'ho sentita due sere fa, aveva una voce lievissima”.

    Eugenio Murrali