Prima il talento, poi le declinazioni

    I o risolverei tutto con Shakespeare. Sempre. Le riunioni di condominio con Macbeth. Il governo con Lear. Le questioni di genere e semantica con la rosa che non perde il suo profumo anche se non la chiami rosa di Romeo e Giulietta. E invece no, bisogna dibattere, porre il tema. Non ho visto la partita contro le cinesi che sono superbamente felice che abbiano vinto le italiane (mondiali per davvero, giocassero pure a Colobraro, paese della sfiga, Lucania interna), peraltro con un punteggio serio, da professioniste di mondo adulto: 2 a 0, mica 24 a sottozero. La recupererò in streaming, al mare, ad Anzio, sabato sera, dopo quella contro l'Olanda, e così mi sentirò in Polinesia, ma una Polinesia senza tempo, villaggi, mare, turisti truffati, insomma non il paese nel quale giustamente Gazzelle si rifiuta di andare in vacanza. Mi sentirò in un futuro dove le cose sono belle per bellezza e non per posizione. Terrò l'audio basso, perché ho letto che durante la partita le telecroniste hanno discusso della richiesta della portiera Laura Giuliani di farsi chiamare portiere. Mi sono venute in mente Natalia Ginzburg ed Elsa Morante, che si facevano chiamare scrittori, e non per dar sponda al sessismo, ma per non consentire a nessuno, vista l'immaturità dei tempi, di associarle alle romanziere rosa. Pensavano a una cosa sola, la stessa a cui pensano le azzurre: vi facciamo vedere quanto siamo brave. Prima il talento, poi le declinazioni.