
Il Foglio internazionale
La Palestina immaginaria
Inglesi, francesi, canadesi e australiani riconoscono uno stato che non esiste e se fosse per loro non esisterà mai, scrive lo Spectator. Starmer, Macron e Karney fanno il gioco di Hamas e non inseguono l'opinione pubblica
E’ stato toccante vedere Keir Starmer annunciare la scorsa settimana, da un corridoio di Downing Street, la decisione del suo governo di riconoscere lo stato di Palestina” scrive Douglas Murray sullo Spectator. “Starmer ha intrapreso questa coraggiosa azione contemporaneamente ai suoi omologhi francese, canadese e australiano. Ma, come nel caso di Emmanuel Macron, Mark Carney e di un certo Anthony Albanese, sembrava essere vittima di una serie di malintesi. Il primo era che facesse qualche differenza. Starmer e i suoi omologhi all’estero sembrano credere erroneamente che la creazione degli stati sia ancora nelle loro mani. Pensavo che l’attuale generazione di sinistra disprezzasse le potenze imperialiste occidentali che effettuavano i loro interventi coloniali in regioni straniere. Ma a quanto pare non è così, se lo ‘stato’ in questione si chiama Palestina. La seconda ragione per cui l’annuncio è stato così poco importante è che non esiste nessuno dei prerequisiti per lo stato palestinese. Non esiste una leadership palestinese coerente. Né esiste un territorio palestinese contiguo. Ora si insiste vagamente sulle elezioni, ma l’ultima volta che i palestinesi hanno votato, hanno votato per Hamas. Non c’è accordo su quali saranno le relazioni tra la ‘Palestina’ e il suo vicino più prossimo. E non c’è nemmeno un accordo sulla capitale di questa Palestina. Chi supervisionerà l’istruzione in questo nuovo stato? Sarà un’altra meravigliosa organizzazione delle Nazioni Unite, che permetterà ai jihadisti di indottrinare un’altra generazione di palestinesi nell’idea che il loro scopo più alto nella vita sia sradicare gli ebrei? Ci sarà un aeroporto o un esercito? Forse Starmer, David Lammy e Yvette Cooper hanno un piano chiaro – o una roadmap – per rispondere a tutte queste domande, spiegando anche le loro precise proposte di scambio di popolazione per le aree A, B e C di Giudea e Samaria. E presumo che, dopo che il nostro governo avrà stabilito a chi appartiene il territorio e avrà comunicato alla popolazione locale di essere pronto a inviare truppe britanniche per risolvere la questione, ci sarà un’enorme accoglienza positiva nella regione, da tutte le parti, per l’arrivo di questi protettori britannici.
Allora, qual è esattamente il senso di riconoscere qualcosa che non esiste e su cui non si troverà un accordo? Hamas ha risposto agli annunci ringraziando Starmer e i suoi omologhi. Ai loro occhi, il riconoscimento dello stato è una ricompensa per i massacri compiuti il 7 ottobre 2023 e per i due anni di guerra che ne sono seguiti. E’ una lezione straordinaria aver insegnato ai terroristi a Gaza, come altrove, che tutto ciò che devi fare se vuoi ottenere uno stato che hai ripetutamente rifiutato è irrompere nei villaggi e farti strada uccidendo e stuprando, prendendo ostaggi lungo il percorso. Mi stupisce piuttosto che, dato il successo delle azioni di Hamas, persone con ben più forti ragioni per rivendicare uno stato – come i curdi – non decidano di andare a stuprare e incendiare anche loro nei villaggi vicini.
Che senso ha riconoscere qualcosa che non esiste e su cui non si troverà un accordo? Nel frattempo, ci è voluto il segretario di stato americano Marco Rubio per far notare che nessuno dei nostri politici lo farebbe: la ragione principale per cui questi governi si sono comportati in questo modo non ha nulla a che fare con gli affari internazionali. I governi precedenti hanno cercato per più di un secolo di convincere i palestinesi ad accettare uno stato che convive con il loro vicino ebraico. Ogni iterazione della leadership palestinese da allora e fino a questo momento è stata concorde sul fatto che uno stato di Palestina debba comprendere tutti i paesi limitrofi – incluso Israele – e che questo stato palestinese debba essere completamente privo di ebrei. Quindi, no, niente di tutto ciò ha a che fare con una svolta negoziale. Ha a che fare – come ha detto Rubio – con la pressione politica interna in ogni paese occidentale. Oltre a sottolineare che questi ‘riconoscimenti’ hanno contribuito a far fallire i negoziati con Hamas per la consegna dei restanti 48 ostaggi, Rubio ha osservato che Gran Bretagna e soci hanno riconosciuto lo stato di Palestina solo perché le politiche sull’immigrazione del nostro paese ci hanno ‘inondati di stranieri che sono diventati politicamente attivi e insistono affinché il loro governo faccia questo genere di cose’. E’ un linguaggio che nessun politico britannico vorrebbe usare. Se lo facessero, porterebbe a dibattiti tormentati sui divani della Bbc. Eppure Rubio ha ragione.
Negli ultimi due anni ho trascorso del tempo in ciascuno dei paesi che hanno appena riconosciuto lo stato palestinese e in ognuno di essi si può osservare lo stesso schema. Dal Canada all’Australia, dal Regno Unito alla Francia, ognuno di questi quattro paesi ha assistito a ripetute proteste da parte di immigrati musulmani che chiedevano una ‘Palestina libera’. Ovviamente non si tratta solo di immigrati. Ci sono anche le strane anime perse che hanno deciso che lo scopo della loro vita può essere trovato al meglio tingendosi i capelli di blu, indossando un velo in stile terrorista palestinese e insistendo sul fatto che nessuno sarà libero finché la ‘Palestina’ non sarà libera. Se pensate che l’intimidazione di queste folle non abbia effetto, pensate a come una protesta palestinese ha alterato il corso delle procedure parlamentari a Westminster all’inizio dell’anno scorso. Come affermò all’epoca l’allora primo ministro Rishi Sunak, c’è un ‘crescente consenso sul fatto che il potere della folla stia sostituendo il potere democratico’ – un’osservazione che è stata ignorata non appena fatta. Oppure guardate l’Italia, dove il governo di Giorgia Meloni non si è unito alla corsa per la creazione di uno stato. In risposta, una folla ha marciato nel centro di Milano con le kefiah d’ordinanza e un gruppo ha tentato di assaltare la Stazione Centrale scontrandosi con le forze dell’ordine.
Potrebbe arrivare un giorno in cui uno stato palestinese potrebbe esistere. Ma le condizioni per l’esistenza di quello stato attualmente non esistono. Starmer e gli altri non hanno fatto nulla per contribuire alla pace in medio oriente. Ma suppongo che siano riusciti a rimandare di un altro giorno l’affrontare i nostri problemi e a mantenere un certo grado di pace in casa, per ora”. (Traduzione di Giulio Meotti)