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Un Foglio internazionale

L'adesione di Kyiv alla Nato vuol dire più stabilità per l'Ucraina e per l'Europa

Sul Monde Camille Grand, ex vice segretario dell’Alleanza, spiega perché è necessario mandare un messaggio chiaro agli ucraini sull'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza atlantica

Sulla questione ucraina, e in particolare sull’ingresso di Kyiv nella Nato, è intervenuto sulle colonne del Monde l’esperto francese Camille Grand, ex vice segretario della Nato, ricercatore e specialista delle questioni di difesa.

     


    

Da due decenni a questa parte, la questione dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato (Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord) ha diviso gli alleati, gli analisti e anche la popolazione ucraina. Per gli uni, era naturale rispondere alle aspirazioni euroatlantiche di Kyiv e dare seguito alle promesse – ambigue – fatte in occasione del vertice di Bucarest nel 2008. Per gli altri, l’adesione dell’Ucraina all’Alleanza atlantica era prematura, se non addirittura pericolosa, e rischiava di alimentare il conflitto con la Russia. Questa seconda posizione è stata per molto tempo quella della Francia che, accanto alla Germania, si era opposta alla volontà americana di avviare un vero e proprio processo di adesione nel 2008 e che da allora, occasionalmente, ha avanzato l’idea che una “finlandizzazione” dell’Ucraina (in riferimento alla neutralità vincolante della Finlandia durante la Guerra fredda) sarebbe una soluzione ragionevole. Condiviso da numerosi alleati, questo approccio è prevalso a lungo in seno alla Nato. In pratica, e mancando il consenso alla Nato, l’Ucraina è rimasta questo tipo di “partner”, riconosciuto come uno dei più stretti, ma non si è vista accordare un “piano di azione per l’adesione”, poiché la promessa di Bucarest è rimasta “in teoria un sì”, ma “in pratica un no”. L’ottenimento nel 2020 dello statuto di partner “nuovo opportunità” (in un gruppo eteroclita che comprende l’Australia, la Finlandia, la Georgia, la Giordania e la Svezia) non ha cambiato lo stato delle cose. Questa scelta, che poteva essere giustificata nel 2008 in un contesto molto diverso, sembra oggi desueta. Prima di tutto, ed è uno dei numerosi errori strategici di Vladimir Putin, le cui azioni hanno spinto Kyiv verso la Nato, l’Ucraina è cambiata. Fino al 2014, la popolazione ucraina era combattuta e, sondaggio dopo sondaggio, in maggioranza ostile a un’adesione. Oggi, il 91 per cento degli ucraini si dichiara favorevole ad essa. La politica dell’appeasement nei confronti di Mosca non ha prodotto i suoi frutti, anzi proprio il contrario, poiché la Russia si è lanciata dal 2014 in un conflitto con l’Ucraina la cui vastità dal 2022 sta stravolgendo l’architettura securitaria europea. La prevenzione di un conflitto tra l’Ucraina e la Russia non è più d’attualità da quando quest’ultima, da sola, ha scatenato la più grande guerra convenzionale in Europa dal 1945. Le adesioni in corso della Finlandia e della Svezia, assieme al dibattito moldavo, mostrano che le zone grigie e la neutralità non sono più considerate ormai come delle garanzie accettabili dinanzi all’atteggiamento russo. Sul piano militare, l’esercito ucraino è uno dei più agguerriti d’Europa e sarebbe dunque un potenziale contributore netto alla sicurezza della Nato. Infine, l’adesione alla Nato appare come la soluzione più efficace per prevenire la ripresa delle ostilità una volta ottenuto il cessate il fuoco sul campo. Si articola bene peraltro con la prospettiva di adesione all’Unione europea, tenuto conto che i due processi sono spesso andati di pari passo. Non si tratta naturalmente di fare entrare un’Ucraina in guerra nella Nato fin dal vertice di Vilnius. Lo ha riconosciuto lo stesso presidente Zelensky, valutando un’adesione “dopo la guerra”. Un processo di adesione, anche accelerato, necessiterebbe, in tutte le ipotesi, di qualche anno. Sembra tuttavia opportuno entrare in nuova fase e rivolgere a Kyiv, fin da Vilnius, un messaggio chiaro sul suo futuro e uscire dalle ambiguità del summit di Bucarest. Il discorso di Bratislava del presidente Macron (pronunciato lo scorso 1° giugno, ndr) va in questa direzione: la Francia giudica necessario dare delle “garanzie credibili” e apre alla possibilità di un cammino verso l’adesione, avvicinandosi in questo modo ai paesi dell’Europa centrale e orientale, mentre Berlino e Washington restano più prudenti (…). L’adesione alla Nato sembra offrire maggiore prevedibilità e stabilità sia per gli ucraini che per l’Europa e, forse, paradossalmente, persino per i russi (…). 

Quale potrebbe essere dunque un cammino ragionevole verso un’adesione? Bisogna anzitutto riconoscere che, nell’attuale fase militare del conflitto, è difficile prevedere il momento o le condizioni di un blocco delle ostilità (…). E’ necessario mandare un messaggio chiaro agli ucraini sul fatto che un’adesione è possibile e auspicata in tempi brevi. Si tratta dunque di preparare le condizioni di un’Ucraina nella Nato senza prendere una decisione immediata. In un momento di rottura strategica, è talvolta necessario dar prova di audacia e di immaginazione.

   

Traduzione di Mauro Zanon
 

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