Ron DeSantis (Ansa)

Un foglio internazionale

DeSantis non convince i populisti.  I trumpiani: “Sembra uno del clan Bush”

Il mondo che vota Trump non è interessato al buon governo, allo stile e alla rispettabilità, ma all’appartenenza. Scrive il Financial Times (1/6)

Considerate per un momento ciò che Donald Trump dà al suo seguace medio” scrive Janash Ganesh sul Financial Times “Appartenenza a una vasta comunità nazionale di persone che la pensano allo stesso modo. Una figura paterna in un mondo confuso. Il brivido della trasgressione: i bianchi di mezza età non riescono spesso nella vita a fare il ribelle. Non è chiaro se Ron DeSantis capisca qualcosa del populismo. Fino a quando non lo farà, non sostituirà Trump come leader del movimento negli Stati Uniti.

 

Il governatore della Florida fa affidamento sulla sua eleggibilità e competenza amministrativa. Ma se una di queste cose fosse fondamentale per gli elettori nelle primarie repubblicane, la gara sarebbe già finita. Trump ha perso le elezioni di medio termine nel 2018. Ha perso le elezioni presidenziali nel 2020. E’ l’unico presidente, negli oltre 80 anni di storia del sondaggio di gradimento Gallup a non aver mai ottenuto il 50 per cento. DeSantis o Nikki Haley farebbero meglio con l’elettorato nel 2024. Non importa. Nessuno dei due sa trasmettere ai propri elettori il senso di appartenenza tribale che Trump riesce a coomunicare. Nessuno dei due turba tanto i liberal.

 

L’altro vanto del governatore – le sue capacità esecutive – conta ancora meno. DeSantis è logico, pover’uomo. Pensa che la politica moderna riguardi il fare le cose. In questo senso, pensa come un liberal. DeSantis crede che la politica sia a valle della cultura, che la cultura prenda forma nelle istituzioni, che i conservatori abbiano ceduto quelle istituzioni alla sinistra organizzata. Il Gramsci di Tallahassee non si limita a diagnosticare il problema. E’ creativo e tenace nell’installare una contro-egemonia di destra. Chiedi a Disney. Chiedi alle burocrazie educative della Florida. Non sono più sicuro che gli elettori populisti vogliano vincere la guerra culturale. Solo esserci dentro dà loro un significato. Semmai, c’è più identità di gruppo nella sconfitta, più solidarietà sotto assedio che nel trionfo. 

 

Non importa che DeSantis sia un populista sincero ed efficace. Si ‘presenta’ come una creatura dell’establishment. Ha qualcosa a che fare con l’Ivy League e il passato della marina, lo stile di discorso austero, l’apparente rettitudine (niente scandali sessuali o finanziari) e una sartoria sobria. Inquadrato come se fosse l’ultimo rampollo del clan Bush. Rishi Sunak ha sostenuto la Brexit prima di Boris Johnson. La sua reputazione tra i populisti? Uomo di società”.

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