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Il filosofo Rémi Brague: “L'islamismo è un islam all'estremo”

Senza cadere nell’amalgama, Rémi Brague indica le contraddizioni del Corano

Ogni lunedì, segnalazioni dalla stampa estera con punti di vista che nessun altro vi farà leggere, selezionati da Giulio Meotti

 


 

Rémi Brague è un filosofo francese, specialista della filosofia medievale araba ed ebraica. Membro dell’Institut de France, normaliano e docente di filosofia, è professore emerito dell’Università Panthéon-Sorbonne. Autore di numerose opere, Brague ha pubblicato “Europe, la voie romaine” (Terza edizione, Nrf, 1999), “Le Règne de l’homme. Genèse et échec du projet moderne” (Gallimard, 2015), “Sur la réligion” (Flammarion, 2018) e “Des vérites devenues folles” (Salvator, 2019). Il Corano incoraggia la violenza? L’islam è compatibile con la democrazia? La fatwa lanciata contro Samuel Paty, insegnante di storia e geografia di 47 anni del collège du Bois d’Aulne di Conflans-Sainte-Honorine decapitato lo scorso 16 settembre, pone delle questioni sui rapporti tra la religione musulmana e la violenza. Senza cadere nella trappola dell’amalgama, il filosofo Rémi Brague indica le contraddizioni del Corano e delle sure in questa intervista a Famille chrétienne.

 

Qual è la differenza tra islam e islamismo? La differenza tra islam e islamismo è reale, ma la mia convinzione è che sia una differenza di grado e non di natura. L’islamismo è l’islam spinto all’estremo. L’islam da cui si traggono le ultime conseguenze. E’ una strana religione, una religione che spinge coloro che si convertono a essa a uccidere il prossimo. Quando ci si converte al buddismo si può diventare vegetariani; quando ci si converte al cristianesimo si cerca di amare il prossimo come se stessi, il che non è facile… Alcuni convertiti all’islam pensano che si debba uccidere il prossimo in maniera precisa, sgozzandolo. Ciò significa che tutti i musulmani sono dei potenziali terroristi!? Non dico ovviamente che tutti i musulmani sono violenti, né che l’islam è soltanto violenza. Tuttavia, dico che alle radici dell’islam c’è tutto il necessario per giustificare l’uso della violenza. Si va alla ricerca di questa giustificazione o non si va. Si pensi alle autorità musulmane di fatto, come la moschea Al-Azhar: sono rimaste molto infastidite dallo Stato islamico che faceva soltanto ciò che racconta la biografia del Profeta. Sposare dei guerrieri con delle bambine di nove anni, è ciò che il Profeta ha fatto con Aisha. Quando lo Stato islamico ha bruciato vivo un pilota giordano, hanno giustificato l’atto in questo modo: è la legge del Taglione, ha lanciato delle bombe. I loro argomenti sono solidi!

 

La violenza islamica, secondo Jean Duchesne (membro dell’Académie catholique de France e autore del libro “Chrétiens, la grâce d’être libres. Par-delà les conformismes et les peurs”, Artège Éditions, ndr), è il frutto dell’incontro tra l’islam e l’occidente. Cosa pensa di questa riflessione? C’è molta verità in questa idea. Tanto più perché questo incontro si è invertito. Nel Diciannovesimo secolo, era l’occidente che entrava nelle società musulmane, attraverso la colonizzazione. Oggi, sono i musulmani che fanno ciò che la sharia proibisce di norma, ossia insediarsi volontariamente in un paese di miscredenti. L’islam ne risulta rafforzato. I musulmani si ritrovano nel “mondo della guerra”, ossia non pacificato, non sottomesso all’islam. Nel mondo della guerra, non è irragionevole comportarsi come un guerriero. Questa violenza riflette una crisi del mondo musulmano? C’è una crisi del mondo musulmano dovuta a una schizofrenia, che risale a diversi secoli fa. L’islam si presenta come l’ultima religione. “Oggi ho reso perfetta la vostra religione”, dice Dio nel Corano (V,3). Si ritiene che l’islam debba inglobare il giudaismo e il cristianesimo, completarli, sostituirli come una guardia sostituisce un’altra ed elevarla a un livello superiore. L’islam è la miglior religione, la miglior comunità (III, 110). Ma il mondo musulmano è la lanterna rossa del mondo, e più ci si avvicina al centro, peggio è. Senza petrolio, cosa sarebbe l’Arabia saudita?

 

L’islam miglior religione era credibile quando era in armonia con il progresso della cultura. E’ stato così un tempo. I conquistatori avevano ottenuto il jack-pot, si erano impadroniti delle regioni del mondo più feconde dal punto di vista intellettuale e culturale: l’Egitto, la Mesopotamia e la Siria. Il luogo in cui è stato inventato l’impero (la Persia), la scrittura (la Mesopotamia), l’alfabeto (la Fenicia), il 90 per cento dei dotti dell’epoca sono originari di questa regione. Galeno è di Pergamo, Tolomeo è di Alessandria d’Egitto, Damascio, naturalmente, di Damasco, Siriano viene dalla Siria, Plotino dall’Egitto… Non sorprende che ci sia stata questa fioritura culturale nel mondo arabo-musulmano, proprio perché tutti parlavano la stessa lingua, l’arabo, che favoriva le comunicazioni tra le élite. E poi, a partire dall’Undicesimo secolo, il religioso e il culturale si sono separati. La cultura arabo-musulmana si è anchilosata. Da allora, la situazione non è migliorata. Quanti premi Nobel musulmani ci sono nel campo scientifico? Due, entrambi formati a Oxford. Quale invenzione ha dato il mondo musulmano al mondo intero? Da qui nasce la sofferenza, colui che dovrebbe essere il migliore è in realtà l’ultimo della classe. Ciò può spingere a dei veri e proprio comportamenti intolleranti e violenti.

 

Attentati, fatwa… che cosa si può dire della violenza nel Corano? Nel Corano c’è del buono e del meno buono. E’ zeppo di contraddizioni. Se ci sono delle contraddizioni, risponde il Corano, non possono venire da Dio (IV, 82). Come tenere tutto ciò assieme? Attraverso la teoria dell’abrogazione: il versetto che viene dopo abroga il versetto che viene prima. Se due versetti contengono dei comandamenti che sono in contraddizione tra loro, il più recente mette tra parentesi il precedente. Bisogna sapere che l’ultima sura, la 9, è la più bellicosa di tutte. “Combatteteli ovunque essi siano, senza tregua, fino a che non si sottomettono e non pagano il tributo” (IX, 5 e 29). Questo versetto abroga i precedenti, in particolare quelli che parlano di pace e di tolleranza. Il Corano incoraggia la violenza o la permette solamente? Bisogna pur dire che ci sono dei versetti che ordinano la violenza. Quando viene detto che bisogna attaccare una determinata persona, ciò significa che bisogna farlo. E’ più che permettere. Ma il problema della violenza non è il primo. La vera questione è quella della verità. Bisogna osservare la storia. Gli inizi dell’islam coincidono con l’invasione araba condotta da guerrieri. E’ consentito interpretare il Corano? Ci sono intere biblioteche di commenti sul Corano, dicono i musulmani. Ma commentare non significa interpretare. Ci sono due modi di interpretazione. Il primo modo è quello del giudizio di equità. Qual era l’intenzione del legislatore? Siccome il legislatore è un uomo, esso non può prevedere tutti i casi.

 

Quando si presenta davanti al giudice un caso in cui l’applicazione della legge produrrebbe una grave ingiustizia, il giudice risale all’intenzione del legislatore per applicare o meno la legge. Se il legislatore è Dio, che sa tutto, allora cambia ogni cosa. Se dice “Mettete un velo”, ciò significa “Mettete un velo”. Da qui il secondo modo di interpretare, che riguarda la parola. Cos’è un velo? E’ lungo o corto, opaco o trasparente? Non si cerca di risalire dalla lettera allo spirito. L’islam è compatibile con la democrazia? Lei dice che nel mondo musulmano regna “l’idea secondo cui l’unico legislatore legittimo, in ultima analisi, è Dio, e che nessuna decisione legislativa umana può andare contro i suoi comandamenti”. Qual è la differenza con il cristianesimo? La differenza è che Dio ci parla nella coscienza. E non in un libro. Per il cristianesimo, la Parola di Dio si è fatta “carne”, ossia una persona. Si è incarnato. Per l’islam, la parola di Dio si è fatta libro. Ciò che è determinante per noi cristiani è la vita, la morte e la resurrezione del Cristo. E’ ciò che da un senso alle sue parole. Tutto ciò che dice si illumina a partire da ciò che è (il Figlio di Dio) e da ciò che fa (morire per noi). La parola di Dio non è un comandamento, è un modello. Non è un principio giuridico come nell’islam.

 

Per i filosofi arabi medievali, ci sono diversi tipi di governo: il governo di sé, il governo della famiglia – l’economia, in greco – e il governo della città, la politica. La politica è soltanto una parte di quest’arte del governare che è integralmente sottomessa alla legge di Dio. La democrazia è una maniera di organizzare la vita della città. In una democrazia islamica, ogni deputato sarà governato al suo interno dall’obbligo di rispettare la legge di Dio. Non può prendere una decisione legislativa che potrebbe rivelarsi contraria a una qualsiasi forma di sharia in vigore. Sarà un legislatore ma soltanto sotto precise condizioni. In una democrazia cristiana, ogni deputato sarà sottomesso non alla legge di Dio bensì alla sua coscienza.

 

(Traduzione di Mauro Zanon)

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