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Il Figlio

Proust e gli animali

Sandra Petrignani

Lo scrittore francese amava osservarli. “E’ solo quando sono ridiventato cane che mi rimetto a scrivere”

I bambini amano gli animali? Non sempre, spesso li temono. A volte ne sono curiosi e li tormentano. E gli animali amano i bambini? Raramente. Più spesso li sopportano per quieto vivere e per tenera sottomissione. 

 

E Proust bambino, gli animali li amava? E Proust adulto e scrittore? Più che amarli, amava osservarli. “Nella famiglia Proust ai bambini si regalavano animali” c’informa Daria Galateria nel suo originale Il bestiario di Proust (Sellerio). Un capretto, per esempio, fu donato al fratellino di Marcel, Robert, di cinque anni e mezzo. Il bambino si affeziona molto all’animale, che un giorno gli verrà inevitabilmente tolto con immenso dolore. Marcel è probabilmente troppo schizzinoso per ricevere simili doni. Solo da grande, chiuso nella celebre stanza foderata di sughero, vagheggia “di prendersi in casa dei gattini; la cameriera Céleste protesta: in una camera che lei non può pulire perché Proust non si alza mai, degli animali che fanno la pipì!” Così, niente gatti. Tanto più che l’improbabile padrone sarebbe morto di lì a sei mesi, e chissà cosa ne sarebbe stato di quei poveri micetti… L’aspetto doloroso del rapporto con gli animali e del loro destino sembra aver preoccupato particolarmente lo scrittore, in un inevitabile gioco di rispecchiamenti. A cominciare dai primi abbozzi della Recherche. In certe pagine preparatorie, racconta Galateria, sbatte disperato un cieco pipistrello nella cameretta del bambino che aspetta il bacio della mamma con ansia indicibile. “Compare sulla carta a quadretti dell’Hôtel du Commerce a Belle-Île-en-Mer” perché “il 4 settembre 1895 Proust è nell’isola bretone, in viaggio sentimentale con Reynaldo Hahn” suo grande amore. E quella dell’albergo è l’unica carta che ha a disposizione. E’ al cane di Reynaldo, un bassotto nero a pelo lungo, Zadig, che Proust scriverà una lettera (per far sapere allo stesso Hahn che si è messo finalmente a scrivere la Recherche): “è solo quando sono ridiventato cane, un povero Zadig come te, che mi metto a scrivere e sono solo i libri scritti così che mi piacciono”.

 

Da piccolo Marcel amava andare allo zoo, ma crescendo e diventando sempre più consapevole delle sofferenze che gli uomini infliggono agli animali, cambia atteggiamento. E’ contro la caccia, soffre per i pesci imprigionati in piccoli acquari in attesa di essere cucinati. E se amava l’equitazione, dopo una caduta se ne distacca e anzi comincia a rendersi conto della schiavitù dei cavalli fra le gambe rudi di cavalieri che gli erano sembrati divini, come il suo amico Saint-Loup. Senza contare che l’amata Albertine morirà per una caduta da cavallo. Un giorno infatti arriva il terribile telegramma: “E’ stata gettata da un cavallo contro un albero durante una passeggiata, tutti i nostri sforzi non hanno potuto rianimarla”. A volte gli animali si vendicano…

 

Più sorprendente ancora nella ricerca di Daria Galateria è vedere quanto gli animali (soprattutto uccelli, molluschi, insetti e forse topi) diventino nelle pagine proustiane metafora di atteggiamenti umani, paragoni scintillanti per descrivere certe piume sui cappelli delle signore, certi gesti o modi di camminare dei maschi. Nel palco dell’Opera di madame di Guermantes “fluttuano mostri marini, sirene e tritoni” e lei stessa richiama la fisionomia di un uccello col suo “naso a becco di falcone e gli occhi penetranti”. Quando il protagonista si distende sul letto accanto ad Albertine addormentata, prova piacere anche soltanto facendo pendere la gamba su quella di lei imprimendole il movimento “dell’ala di un uccello che dorme”. E infine, le ostriche: non sono migliori - secondo  Proust - quelle che vede nei quadri dell’apprezzatissimo pittore Elstir rispetto a quelle reali che lo disgustano?

 

(3. fine)

La prima puntata

La seconda puntata

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