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Il figlio

Dobbiamo raccontarci come siamo stati, non come gli eroi che non eravamo

Vittorino Andreoli

Prima di tutto, dobbiamo essere esempi di resistenza e di fragilità: il fondamento dell'Umanesimo, che prevede il rispetto di sé e dell’altro, una generosità e capacità di donarsi e in primis di amare. Il nuovo libro di Vittorino Andreoli

I giovani capiscono subito qual è la credibilità del loro padre e dei loro nonni. Ed è questa caratteristica a costituire il collante tra le generazioni. Carissimo, voglio con commozione dirti che è un errore raccontarci, voler apparire come degli eroi, come personalità forti che hanno saputo superare ogni difficoltà. Lo sai anche tu che non è vero. Noi dobbiamo raccontarci esattamente come siamo stati e come sentiamo di essere in questo momento. E allora non dimenticare il tuo dolore, le tue sconfitte, i tuoi errori, perché servono più delle tue fantasiose vittorie.

 

I giovani, e anche gli adulti, affrontano una vita difficile. È faticoso persino crescere, e gli esempi utili sono fatti di storia e di umiltà, tra le cadute e il sapersi rialzare. Sento di dirti che, prima di tutto, dobbiamo essere esempi di resistenza. Non serve la vanagloria. Ti ho parlato delle memorie e ti ho mostrato che non si riducono a meccanismi che riportano alla coscienza ricordi che corrispondono esattamente a quanto abbiamo depositato. Si operano delle associazioni e persino delle falsificazioni. La tendenza del vecchio è di immaginarsi nel ricordo con abiti dell’eroe, che forse non ha mai indossato. E allora, se ci stanno a sentire, lo fanno con l’atteggiamento di ascoltare una favola, non una vita. E non serve ad aiutarli a sollevarsi nei momenti di frustrazione, di sconfitte personali.

 

Il comportamento eroico ha il significato psicologico di compensare la percezione di un Io debole. Non so se nell’antichità gli eroi avessero una funzione educativa. Non la posseggono certo oggi, e se noi vecchi siamo veramente convinti della funzione che dobbiamo esercitare con l’esempio e con la nostra piccola storia, dobbiamo fondarci sull’Umanesimo della fragilità. La fragilità si lega alla condizione umana e alla fase esistenziale a cui si appartiene. Ha sempre bisogno dell’altro e porta a costruire una storia che si lega all’insieme. L’eroe è un solitario, non sa unirsi a nessuno se non al proprio bisogno di confrontarsi con l’impossibile. Non dobbiamo essere esempi di eroismo, ma della forza e resistenza di uomini fragili.

 

La fragilità è compatibile, anzi, è il fondamento dell’Umanesimo, che prevede il rispetto di sé e dell’altro, una generosità e capacità di donarsi e in primis di amare. Le grandi storie sono storie di uomini fragilissimi, capaci per questo di resistere alle fatiche e al dolore. L’eroe si riassume tutto in un gesto. La nostra “grandezza” è nell’ordinario, non nei comportamenti estremi. La vecchiaia è coniugata al maschile e al femminile, ma non è facile mantenere le giuste proporzioni, se non altro perché, essendo io un padre e un nonno, finisco per far prevalere, sia pure inconsapevolmente, i vecchi.

 

Ci tengo però a garantire di essermi rivolto sempre a entrambi i generi e pertanto di aver, semmai, promosso delle variazioni, ma non certo una esclusione. Sono convinto che la vecchiaia attivi un vissuto che ha molto in comune sia nella donna sia nell’uomo, poiché ha a che fare con l’esistenza, in un unico significato. Non si può parlare del senso della vita e del mondo in due maniere differenti. I generi maschile e femminile, oltre a una distinzione biologica finalizzata in particolare alla riproduzione della specie, si legano per il resto alle logiche sociali, che sono state diverse nelle epoche storiche. Nel tempo presente, si sono recepite la necessità e la giustizia di garantire socialmente diritti e doveri, non più separati e discriminati come nel passato. Devo dirti che la maniera auspicabile nella vita di ciascun vecchio è di trovarsi insieme alla propria vecchia e che si possa parlare di nonni, intendendo lui e lei, l’uno e l’altra.

Da “Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio)”, Solferino editore

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