Elaborazione grafica di Francesco Stati 

il figlio

Gli istinti bestiali dentro il rapporto primario. I nostri stupidi intenti e noi tutti

Valentina Furlanetto

Un libro sulla natura selvaggia, ma anche sulla famiglia, sui rapporti primari con il padre, la madre, i fratelli, i figli

Quanto vale un figlio? Una gallina e mezza. Per questo bottino Archy, il protagonista del romanzo di Bernardo Zannoni, I miei stupidi intenti (Sellerio), viene ceduto da sua madre, Annette, all’usuraio Solomon che vive in cima alla collina. Chi cederebbe mai il proprio figlio per così poco, neppure due polli interi? Chi se ne sbarazzerebbe perché è zoppo e quindi inutile? Chi se non una bestia? E infatti la madre di Archy è una bestia, in senso metaforico, ma anche letterale. Annette è una faina e lui stesso, Archy, è una faina. Tutti i personaggi di questo libro sono animali – istrici, volpi, corvi, cani, topi, linci - vivono in tane, ma allo stresso tempo parlano, accendono il fuoco, usano mobili e stoviglie, rimboccano le coperte. Il romanzo – insolito e bellissimo – di Zannoni altro non è che il memoir di un mustelide che parla in prima persona. Un animale disgraziato, sofferente, invalido che vive in una tana assieme alla madre, rimasta sola. “Mio padre – racconta Archy - morì perché era un ladro. Rubò tre volte nei campi di Zò, e alla quarta l’uomo lo prese. Gli sparò nella pancia, gli strappò la gallina di bocca e poi lo legò a un lato del recinto come avvertimento. Lasciava la sua compagna con sei cuccioli sulla testa, in pieno inverno, con la neve”.  

 

Un po’ alla volta, grazie alla figura paterna di Salomon, la faina Archy evolve, cambia, diventa sempre più umana. E scopre che non è nell’usare stoviglie e lampade a olio la sua umanità, ma nell’elaborare pensieri complessi. Grazie alla volpe Solomon, che possiede un libro, la faina Archy impara a leggere e a scrivere, scopre che quello che siamo è quello che raccontiamo di noi, la nostra storia. Questa cosa gli cambia la vita, tanto che quando la dolce Anja gli propone di avvicinarsi al fuoco per ripararsi dal freddo lui rifiuta perché sta leggendo e lei, incredula, gli chiede se le parole sono calde. Archy non solo impara che le parole scaldano, ma inizia anche ad avere percezione del tempo, del prima e del dopo. Acquisisce soprattutto consapevolezza della morte. “Pensavo a Dio – racconta – a quanto potesse essere crudele farci combattere per qualcosa che alla fine viene tolta”. Ma gli animali, riflette ancora il mustelide, “non pensavano di dover morire e per assurdo li invidiai”. 

Fino a un certo punto I miei stupidi intenti somiglia a un film della Pixar mixato con una favola di Esopo, ma quando inizi a pensare che si tratti della parabola edificante sul come si diventa umani e quindi migliori, quando ti affezioni ad Archy – quasi subito – e ti identifichi in lui il libro scarta di lato, ti mette alla prova, ti sbatte in faccia un orrore dietro l’altro, una bestialità dietro l’altra. E in questo – oltre che nella scrittura – sta la potenza. Gli animali di questo libro infatti parlano, cucinano, piantano carote, usano secchi, piatti, bicchieri, tuttavia rispondono anche ai loro istinti. Archy nella stagione degli amori si accoppia con la sorella, va a caccia, uccide, ha fame, medita di mangiarsi i figli, si arrampica, mostra i denti. Il suo orizzonte rimane la sopravvivenza, la lotta crudele e spietata. Ed è un Dio feroce quello che aleggia sul romanzo, un Dio del vecchio testamento, che permette che il bosco bruci, che gli animali più forti abbiano la meglio sui più deboli, che i fragili soccombano.  

 

È un libro che parla anche molto di famiglia, di rapporti primari con il padre, la madre, i fratelli, i figli. Rapporti che non scegliamo, intensi e viscerali, che dovrebbero comportare istinti (materni e paterni), ma che succede se non possediamo questi istinti? E se questi istinti sono sopraffatti da altri istinti? La faina Archy non parla di noi. O forse sì. Pochi giorni fa in provincia di Brescia due figlie sono state arrestate con l’accusa di aver ucciso la madre per ereditare i soldi. A Caserta una madre ha fatto spaccare i denti e gli zigomi a suo figlio di 11 anni per simulare un incidente stradale e incassare la polizza dell’assicurazione. In cima alla collina la faina Annette cede suo figlio Archy per una gallina e mezza. Che fatica uscire dal bosco.

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