Foto: Jon Tyson

Il Figlio

Sbrocco di mamma

Simonetta Sciandivasci

Mia madre litiga con tutti e solo adesso lo capisco, stronza che ero: ha ragione

Si diventa grandi una volta sola, anche se non è detto che succeda e neppure che sia per sempre, la grandezza è retroattiva e retrattile. Chi non diventa grande avrà sempre l’età adulta e, per scappare, avrà sempre Parigi. Sono diventata adulta diverse volte, o almeno m’è parso. La prima, quando ho attraversato il corridoio della casa dei miei nonni, di notte, al buio, senza piangere, senza recitare il Padre Nostro, né svenire. L’ultima, quando ho scritto un pezzo su Elsa Morante in una corsia d’ospedale, mentre operavano mio padre e non era certo che ne sarebbe uscito vivo. E ne sono andata fiera: che brava, che etica del lavoro, che tempra, che impermeabilità.

 

Che stronza. Quanto mi vergogno. Non so se mi vergogno più di aver lavorato mentre mio padre rischiava di morire o di essermi auto elogiata per averlo fatto. Passo a quando sono diventata grande. Un mese fa mia madre mi ha chiamata e mi ha detto: ho litigato con tuo padre, è grave. Le ho dato torto, perché aveva torto. Poi mi ha chiamata per dirmi che aveva litigato con mia zia “e tutta quella loro famiglia di stronzi, mi hanno stufata, non li voglio mai più vedere!”, e ancora mio padre; con uno su Facebook, e ancora mio padre; con il marito della sua migliore amica, e ancora mio padre; con il farmacista, e ancora mio padre; con il suo capufficio (mamma, ma sei in pensione!), e ancora mio padre; con la sua amica che ogni giorno le manda “stupide fotografie con la scritta Buongiorno e la Madonna e una tazzina di caffè, ma come si permette, mai che venga a trovarmi, e meno male che non lo fa, di cosa dovremmo parlare, di rosario?”, e ancora mio padre; con la sua catechista “e le sue stupide crostate per le feste di fine anno all’oratorio, ma che cazzo me ne frega, le ho detto: mi hai sempre e solo usata!”; con il migliore amico di mio padre, e ancora mio padre. L’altra mattina l’ho chiamata e mi ha detto che stava facendosi un aperitivo. Era brilla, brillava, era una mina. Mamma, sono le undici e mezza e sei ubriaca al bar, credi di essere a Las Vegas? Embè? Embè.

 

Quando vostra madre fa a pezzi amicizie, crismi, famiglia, buone maniere, princìpi, pace, quiete, cucina, progetti, e non ha alcun motivo per farlo, perché i motivi sono piccoli, transitori, arbitrari, però ha ragione, quella ragione che è una, profonda, radicale, radicata, radice, antica; quando vostra madre vi risponde come le rispondevate voi a 16 anni, e non ha che voi per capire che non c’è niente da capire, c’è soltanto da sostenere, far brillare, dire va bene, prova, salta, corri, vai: ecco quando si diventa grandi. Quando vostra madre è Emily Gilmore, che, il giorno del funerale di sua suocera si fa un Bloody Mary e circola in vestaglia straparlando di romanzi sulle puttane, mentre suo marito piange e vuole una zuppa di tartaruga. Quando vostra madre è selvatica e voi potete portarla da un dottore che le prescriva un calmante, allertare tutti, chiedere scusa a chi ha offeso, dire sai è un momento difficile, la pensione, la pandemia, la menopausa, lo stress, papà, 40 anni di matrimonio. Ed è proprio quello che fate, orrendi adulti che siete.

 

Io l’ho fatto, le prime settimane, la rimproveravo, e mi scusavo con tutti, e piangevo, e dicevo: per me è morta! Borghese reazionaria orrenda, terrorizzata dal non poter più guardare in faccia nessuno a Natale, dal non poter più fare casini su casini e avere un posto perfetto, felice, ordinato, educato, in cui tornare ad aggiustarli, o a lenirli, il posto che lei mi scalda da 35 anni, va bene sono 36. Stronza, quanto mi vergogno. Quando vostra madre sembra pazza e voi avete l’atroce dubbio che lo sia e dopo averla portata dal dottore e rimproverata e redarguita, vi fermate, accidenti, e pensate soltanto che ha ragione lei, che non è mai stata tanto bella, forte, coraggiosa, e voi non avete alcun diritto di arrestarla, mentre si piccona la vita – quante volte lo avete fatto voi? Nessuna? E non vi vergognate? Meno male che è arrivata lei a mostrare come si fa, a non accontentarsi di niente, ad alzare il volume e la posta, a dimostrarvi che una madre le certezze ve le dà e soprattutto, quando capisce che potete farne a meno, ve le toglie. Non potrà che farci bene, a lei ha fatto benissimo, benedetta follia e santa voglia di vivere.

 

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  • Simonetta Sciandivasci
  • Simonetta Sciandivasci è nata a Tricarico nel 1985. Cresciuta tra Ferrandina e Matera, ora vive a Roma. Scrive sul Foglio e per la tivù. È redattrice di Nuovi Argomenti. Libri, due. Dopodomani, tre.