Un dettaglio della copertina del libro Chroniques Birmanes

Il figlio

Cattivo padre

Claudio Marinaccio

Rubare i cereali alla figlia, dire le parolacce, avere sempre voglia di fumare

Fumavo un pacchetto e mezzo di sigarette al giorno. Ho smesso da quando mia moglie è rimasta incinta, ha smesso lei e mi sembrava giusto farlo anch’io. Di colpo sono passato da troppo a niente e ancora oggi, dopo molto tempo, ogni giorno della mia vita mi viene voglia di fumare dopo il caffè. Sempre. Dovrei fare come mio padre che per decenni ha fumato solo una sigaretta al giorno, la sera, dopo il caffè, mentre leggeva il giornale. Poi, però, la domenica allo stadio, quando la Juve giocava in casa, recuperava fumando un pacchetto intero in novanta minuti più recupero. Se si andava ai tempi supplementari riusciva ad aprirne uno nuovo. Se si finiva ai rigori il secondo pacchetto salutava la curva dopo essere stato accartocciato come un nemico.

 

La prima sigaretta l’ho fumata con lui durante uno Juventus – Lazio giocato al Delle Alpi . Era dicembre e io avevo da poco compiuto 15 anni. Finì 2-1 per la Juve con una doppietta di Del Piero e un gol di Marcolin per la Lazio. Mio padre era estremamente nervoso e io, sfruttando la situazione, gli chiesi: “Pa’, mi fai fumare?”. Lui mi passò la sigaretta che teneva in bocca domandandomi il motivo per cui Pecchia giocasse nella Juve. Me lo chiedo ancora oggi, tutte le volte che mi viene voglia di fumare.

 

Essere genitore significa anche sbagliare. Me ne sono reso conto ancora di più da quando sono diventato padre anch’io. Guy Delisle è uno dei fumettisti più famosi, ha raggiunto la fama internazionale grazie ai reportage disincantati, ironici e un po’ cinici in giro per il mondo. Dalla Corea del Nord fino a Gerusalemme, passando per la Cina e la Birmania lo stile di Delisle è sempre stato lo stesso e la sua visione unica lo ha reso un autore riconoscibile. Per questo è interessante osservare come nel fumetto “Manuale del cattivo papà” - uscito in edizione integrale per Rizzoli Lizard – la dimensione globale si trasferisce in quella domestica e gli abitanti che incontrava nei luoghi più improbabili sono sostituiti dai suoi due figli.

 

Delisle, con una spudorata e divertente sincerità, mostra i suoi errori – più o meno consapevoli – che lo rendono quello che, agli occhi dell’eccessivo perbenismo, sarebbe descritto come un cattivo padre. Eppure Delisle sguazza con serenità e leggerezza in questa espressione rendendola un vessillo da mostrare e non una vergogna da nascondere. Riesce a spaventare la piccola poco prima di dormire raccontando storie terribili oppure distrae il figlio, con un gioco sul tablet, mentre sta cercando di fare i compiti. D’altronde la nuova età adulta è un prolungamento infinito di un’adolescenza mai terminata e spesso sono i figli a essere più maturi dei genitori che si trovano nel limbo che permette di avere un dialogo più aperto, ma che rischia di essere poco formativo. Il problema non è non saper dire di no, Delisle lo fa spesso, ma come dirlo. Anche per una ricerca continua di una leggerezza che farebbe vivere tutti più serenamente, ma quello che ci succede intorno non lo permette.

 

Quindi ben venga Delisle che prende in giro i figli o li spaventa senza una ragione precisa, che si mostra spudoratamente egocentrico e li mette in difficoltà, oppure si inventa bugie per mangiare l’ultima confezione di cereali senza condividerli con la figlia che li vorrebbe per lei. Gli episodi si susseguono rapidi e sono sempre diversi, spezzando quell’aura che protegge anche i segreti più innocenti, come il topino dei denti o Babbo Natale.

 

Riuscire a mantenere un equilibrio familiare è difficilissimo e capita spesso di cadere, Delisle lo mette in mostra senza filtri, fa ridere e imbarazzare perché ci si sente allo stesso tempo colpevoli e vittime. Io stesso mi sono reso conto che in questa lunga pandemia il rapporto con mio figlio è cambiato. Passando molto più tempo insieme (Dad+Smart), ad esempio, ho modificato il mio linguaggio. Se prima facevo molta attenzione a non dire parolacce in sua presenza, adesso è diventato quasi impossibile e spesso è lui a dirmi che quelle parole non si dicono, ribaltando completamente i ruoli. E’ sbagliato? Molto probabilmente sì. Eppure leggere “Manuale del cattivo papà” mi ha alleggerito dal senso di colpa, anche per la mia voglia di fumare.

 

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