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Imparare a guidare e a saltare la corda. E tutto il coraggio che ci vuole

Annalena Benini

Tina fa solo le cose che sa fare bene perché ha troppa paura di sbagliare. La verifica di educazione fisica

A diciott’anni ho preso la patente, subito come prima cosa, ho fatto le guide per la patente, gli esami per la patente, teoria e pratica, le foto per la patente, un porta patente per la patente, forse anche un brindisi per la patente, e però con quella patente non ho mai guidato nessun’auto, non sono mai andata al mare, non sono mai andata a prendere qualcuno in aeroporto (se guidassi, è la prima cosa che farei: andare a prendere qualcuno in aeroporto e poi portarlo al mare). Una volta, ma moltissimo tempo fa, ho guidato la Diane di mia nonna in città, la Diane con il cambio francese, ma usciva del fumo dal cofano, una volta ho guidato la Panda dell’altra nonna per andare in palestra, ma c’era la nebbia, una volta l’auto di mia madre ma lei urlava e teneva la mano sul freno a mano, e io ho detto vabbè basta, non so guidare, non guiderò mai più, andrò in bicicletta, andrò in motorino, andrò in autobus, andrò in auto con qualcuno, ma nessuno deve vedermi guidare. Avevo paura, mi sentivo incapace, mi vergognavo, come mi vergognavo di non sapere fare i tuffi di testa, e quindi non li facevo mai. Come mi vergognavo di sciare male, e quindi non sciavo mai. Come mi vergognavo di nuotare a delfino, di portare gli orecchini, di ballare, di fare la battuta dall’alto nel servizio a pallavolo. E se poi la sbagliavo, se andava in rete? Sai che vergogna. Quando ho letto il bel libro per bambini di Rosella Postorino, Tutti giù per aria (Salani), dove c’è Tina, una bambina di otto anni che fa solo le cose che sa fare bene perché ha troppa paura di sbagliare (e infatti di solito non gioca a pallavolo e non racconta le barzellette perché ha paura di non far ridere, e nemmeno le ascolta, perché ha paura di non capirle o di ridere al momento sbagliato), ho pensato: eccomi. Ho pensato: chissà se poi Tina, alla fine del libro, imparerà a guidare e andrà a prendere qualcuno in aeroporto. Ma Tina ha otto anni, per la patente ha ancora un sacco di tempo. Io ne ho qualcuno di più e ogni ottobre dico: quest’anno imparerò a guidare, e mi ripasso nella mente freno frizione acceleratore, partenza in salita, retromarcia. Ma non trovo mai il coraggio.

 

  

Rosella Postorino ha individuato una conseguenza precisa della paura, che a volte sembra prudenza, perfino serietà (Tina ha sparso la voce che non le piace giocare a pallavolo perché non vuole sudare, e io dico a tutti che non guido perché non mi serve, non mi piace, non mi importa, ma ogni ottobre sogno di andare a Fiumicino con una decapottabile), e invece è sempre rinuncia, abbandono, e poi rimpianto. Rosella Postorino ha trovato anche il punto esatto in cui la paura comincia: sempre molto tempo prima. Prima del saggio di ginnastica artistica, prima dell’estate in Salento con i tuffi dagli scogli, prima di scoprire che esistono anche le cose di cui non ho mai paura, ma sono poche.

 

Mia figlia è tornata da scuola molto preoccupata perché ha scoperto di essere l’unica della sua classe a non sapere saltare la corda a piedi uniti senza rimbalzo, e presto avrebbe avuto la verifica di salto con la corda. Non le importava niente del voto in Educazione fisica, ma di suoi compagni che la guardavano le importava tantissimo. Mi ha detto: non salterò mai la corda davanti a tutti, e intanto suo fratello saltava forsennatamente la corda per umiliarla, e insegnava al cane il salto con la corda, e il cane ha imparato subito, ho un video che lo prova, e tutti in famiglia all’improvviso saltavamo la corda a piedi uniti con uno stile perfetto, coordinati e leggeri, per ore senza mai inciampare e senza mai smettere di sorridere. Mia figlia era desolata. L’unica femmina della classe che non ha bisogno di assorbenti, e adesso anche l’unica al mondo che non salta la corda. Per qualche giorno ha detto che saltare la corda è da scemi, poi si è chiusa in bagno. Suo fratello bussava per entrare e lei non gli rispondeva. Io bussavo e lei non rispondeva. Poiché una delle cose di cui ho paura sono le porte chiuse a chiave dall’interno, ho tolto tutte le chiavi, e dopo aver minacciato di aprire la porta ho aspettato un tempo ragionevole, un secondo, e poi l’ho spalancata. Lei stava saltando la corda tra la doccia e lo specchio. Si stava allenando per la verifica di salto con la corda. Stava imparando. Stava vincendo la paura. Stava frustando e buttando a terra molte creme, trucchi e spazzolini da denti. Il bagno ora è distrutto, in effetti. Ma lei ha imparato a saltare la corda a piedi uniti e ha preso sette nella verifica (è inciampata una volta sola). La prof di ginnastica le ha detto: questo è un sette che è tutto tuo. Un sette che è tutto suo, come il coraggio di Tina, la protagonista di Tutti giù per aria, che a leggerlo fa sentire in tanti, un po’ meno impauriti. A me però basterebbe un sei meno meno, ma andare a Fiumicino e dappertutto.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.