Le grandi speranze del Milan criptate come il segnale della mia parabola

Mirko Volpi

Cronaca mesta di un derby iniziato male e finito peggio

Che la serata non potesse girare granché bene al nostro povero Milan, lo avevo capito fin dalle 20,51, allorché mio figlio Ludovico, fuggito dal lettino, mi aveva raggiunto in sala. “Ludo, ma stasera il Milan, vince o perde?”. “Pelde”. Indispettito, non so se più dall’innocente pronostico o da quella erre cinese che mi richiama alla memoria il gramo destino di via Turati, mi dispongo alla visione della partita con animo già tendente allo splenetico. L’Inter avanti in classifica giocando se possibile peggio di noi; noi già quasi sulla via di una mezza crisi. Il duenne, insensibile alle sofferenze paterne, non dorme. Mi perdo il primo tempo. Con una scusa faccio un salto in sala: ha segnato quello là. Racconto la favola dei Tre Porcellini con meno coinvolgimento del solito. Addormentato l’ignaro pargolo, torno al mio dolente divano giusto in tempo per esibirmi nell’esultanza muta tipica dei padri tifosi. Sono ancora lì che sfiatello silente “gooool, gooool”, sperando che mia moglie non se ne accorga, quando quello là, mostrando di non soffrire emotivamente la solitudine in cui lo lasciano quei ciula dei nostri, raddoppia. Subito dopo, la pay tv mi abbandona; sullo schermo nero lampeggia beffardo: “segnale criptato”. E io resto lì come un pirla a fissarlo per venti minuti, sperando che torni, temendo che torni, evitandomi la seconda gioia effimera, l’ennesima fesseria difensiva, il loro inguardabile culo. Anche le grandi speranze di inizio campionato mi sembrano criptate.

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