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Il Bi e il Ba

Le femministe che perseguitano sono "maschiliste"?

Guido Vitiello

Così si alimenta lo stesso equivoco ideologico per cui l'intollerante di sinistra è chiamato "fascista". Equivoco per cui parole come "mascolinità" e "patriarcato" finiscono per non spiegare più nulla 

Una folgorazione di Karl Kraus: “La verità di Strindberg: l’ordine del mondo è minacciato dal femminile. L’errore di Strindberg: l’ordine del mondo è minacciato dalla donna”. Non so in quale dei due versanti del monte Strindberg (est o ovest) sia precipitata la conservatrice Helen Andrews mentre si arrampicava su un argomento scivolosissimo. Sospetto in entrambi. A ottobre Andrews ha sparato un nuovo colpo nelle guerre culturali pubblicando su Compact Magazine il saggio The Great Feminization. La sua ipotesi, ispirata alle idee dell’economista Larry Summers, è netta, per non dire grossolana: la cosiddetta cultura woke è solo “un epifenomeno della femminilizzazione demografica” (lato ovest del monte Strindberg: l’ordine è minacciato dalla donna), e la cancel culture, ossia l’assalto alla reputazione, è “un modello di comportamento femminile applicato alle istituzioni” (Strindberg lato est: l’ordine è minacciato dal femminile).

Se metto a parte il lettore di questo strano dibattito americano è solo perché gli voglio bene, e non intendo sciupare il suo tempo parlandogli dell’insulsa faida tra gente insulsa che si è rinfacciata l’uso di metodi insulsi (il caso della chat Fascistella). Mi limito a citare la frase intercettata di un’attivista-influencer: “La cancel culture è l’arma più potente che il femminismo abbia avuto negli ultimi dieci anni”. La buona Paola Concia – che combatte da sempre questa robaccia, e che ha appena curato con Lucetta Scaraffia Quel che resta del femminismo (Liberilibri) – dice che questo fanatismo ha una “matrice maschilista”. Credo di capire cosa intenda, ma resto perplesso. Non vorrei che si alimentasse un gioco delle tre carte ideologico simile a quello per cui l’intollerante di sinistra è chiamato “fascista” anche se ha Lenin tatuato sulla fronte. Una femminista che perseguita, sputtana e ostracizza è perciò “maschilista”? E' per via di questi equivoci che parole come mascolinità e patriarcato, volendo spiegare tutto, finiscono per non spiegare più nulla. Come fascismo, del resto.

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