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Il Bi e il Ba
L'analisi elettorale delle Madame Guévary
Come l'eroina di Flaubert si avviliva per il grigio medico di campagna che le era toccato (che potrebbe esser rappresentato da un qualsiasi Prodi o Zingaretti), la nostra Madame rincorre ovunque il suo Rodolphe, specialmente oltreconfine. Oggi è Mamdani, domani chissà
Non foss’altro perché la formula “radical chic”, di abuso in abuso, non significa più una benemerita, propongo di resuscitare un nomignolo affibbiato molti anni fa a una giornalista tanto salottiera quanto facile alle infatuazioni rivoluzionarie: Madame Guévary. Penso che si adatti bene a una parte della sinistra italiana, specie intellettuale, più precisamente romana. Come l’eroina di Flaubert, avvilita dalla prospettiva di invecchiare accanto a un grigio medico di campagna (e ne abbiamo avuti di politici che avevano il physique du rôle per impersonare Charles Bovary, da Prodi a Zingaretti), le nostre Madame Guévary rincorrono ovunque i loro Rodolphe: oggi è Mamdani, ieri era Tsipras (a cui, sublime provincialismo, intitolarono una lista), l’altro ieri Zapatero, Lula, Chávez o il subcomandante Marcos, e sono certo di dimenticarne molti, senza contare la stagione dei pellegrinaggi politici e del turismo rivoluzionario.
Ogni volta proclamano, ringalluzziti: è la prova che le elezioni si vincono a sinistra, non al centro; ma il retropensiero inconfessato è un altro: è la prova che le elezioni si vincono altrove, non in Italia. E allora tanto vale entusiasmarsi a distanza. Non che a destra la situazione sia meno imbarazzante, anzi l’esterofilia paesana prende una forma più sfacciata, senza tribolazioni sentimentali: punta direttamente al letto se non al lettone. Dalla maglia con la faccia di Putin sfoggiata da Salvini sulla Piazza Rossa al cappellino “Make Naples Great Again” sulla pelata di Sangiuliano, passando per il culto importato di Charlie Kirk, è tutto un infervorarsi per imprese ed eroi lontani. La ragione è semplice quanto desolante: in Italia, e a Roma in particolare, non succede nulla. Di tutte le corsie materiali e ideali che compongono i circuiti del presente, non ce n’è una che lambisca foss’anche di striscio il nostro paese vecchio, appesantito e sonnacchioso. Così le nostre Madame Guévary e i nostri ragazzi pon-pon esultano e si disperano ai bordi dell’autodromo, inebriandosi dei fumi di scarico di un pilota straniero.