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Il Bi e il Ba
La nostalgia "quasi fetale" di Pasolini
Un sentimento trasformato in mito. E il mito è stato fecondato dal sangue del mitografo e ha impiantato in troppe menti e troppi cuori l'idea della modernizzazione come lutto
Ma basta con questo film neorealistico. In un libro pressoché dimenticato, Italia senza eroi, Ludovico Incisa Di Camerana compose uno splendido ritratto dell’“ideologia del sottosviluppo”. Ci sono, sosteneva, correnti culturali che puntano sul sottosviluppo come scorciatoia verso una nuova arcadia. Di questa “nostalgia quasi fetale dell’Italia industrializzata per la piccola Italia che l’ha preceduta” l’ambasciatore ricostruiva la genealogia politicamente promiscua – il fascismo di sinistra, il populismo neorealista, il cattolicesimo terzomondista – ma la associava a estetiche minoritarie, come appunto quella del neorealismo. Il libro è del 1980, e non poteva prevedere la fortuna postuma del “feto adulto” Pier Paolo Pasolini nel dar forza poetica a quella “nostalgia quasi fetale”. Ne ha scritto Claudio Giunta sul Mulino in occasione del cinquantenario della morte: “Nessuno, come Pasolini, ha saputo trasformare questa nostalgia per il mondo di ieri in mito”.
Esemplare di questo strano intreccio di arcadia e apocalisse è la poesia friulana La recessione, pubblicata su Paese Sera nel 1974, che legava l’utopia della fine del capitalismo al ritorno a un’innocenza arcaica, come se il mondo dovesse solo svegliarsi da un incubo: “Le piccole fabbriche sul più bello di un prato verde, nella curva di un fiume, nel cuore di un vecchio bosco di querce, crolleranno un poco per sera, muretto per muretto, lamiera per lamiera. Lo zoccolo del cavallo toccherà la terra, leggero come una farfalla, e ricorderà ciò che è stato, in silenzio, il mondo e ciò che sarà”. Il mito è stato fecondato dal sangue del mitografo, e assieme alla predicazione del tardo Berlinguer – questa pure trasfigurata da una morte cristologica – ha impiantato saldamente in troppe menti e troppi cuori l’idea della modernizzazione come lutto. E’ un riflesso condizionato che solo un altro mito, o un nuovo poeta, potrà spodestare. O forse basta il vecchio poeta, che aggiunse a La recessione una postilla che cominciava così: “Ma basta con questo film neorealistico”.