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Il Bi e il Ba
Scavare nella profondità degli inferi con una risata
Saverio Raimondo e i personaggi del suo "Annus horribilis" si calano nell'inferno nel 536 dopo Cristo, che è stato l'anno più catastrofico della storia, e pure freddissimo
L’inferno è il gelo, dice il parroco di un romanzo di Georges Bernanos, e nei sotterranei della città dolente Dante piazzò la ghiaccia del Cocito, non certo qualche mistica caldaia. Non è quindi un caso che l’anno più infernale della storia umana, il 536 dopo Cristo, sia stato anche un anno freddissimo. Alla piccola glaciazione si sommarono la carestia, la peste bubbonica e altre sciagure. Ora, la scuola ci ha abituati a considerare la discesa agli inferi come un’impresa serissima, adatta alla caparbietà degli eroi epici e tragici più che alla modestia degli uomini comuni, relegati nell’ambito della commedia.
Potrà quindi stupirci che a calarsi nell’inferno terrestre del 536 sia stato un comico, Saverio Raimondo, e che i personaggi del suo Annus horribilis, appena pubblicato da Sem, siano perfettamente ordinari: una nobildonna vanitosa che vuol dare a tutti i costi una festa nell’anno in cui “le uniche occasioni di socialità erano quando ti entravano in casa gli unni per stuprarti”, un precettore-filosofo abbattuto dal mal d’amore che rinnega una dopo l’altra “tutte quelle fesserie che si trovano sulle pergamene”, una ninfomane in crisi di astinenza che escogita mille intrighi da film decamerotico, un poeta cacasotto che è chiamato a cantare le glorie dell’impero ma che preferirebbe cantarle a distanza.
Le peripezie di questi quattro balordi oscillano tra il boccaccesco e il fantozziano, ma sfociano su altrettante epifanie esistenziali che lasciano stupefatto il lettore. Un romanzo umoristico con un fondo di serietà, dunque? Nemmeno per sogno. Chi dice così ha poca fede nel comico, e pensa che oltre una certa soglia debba passare il testimone al tragico. Ma l’umorismo è una religione, e come ogni religione che si rispetti ambisce a salvare tutto e tutti, a infilarsi in tutti gli anditi dell’esistenza, a sondarne tutti gli abissi. E la misura della grandezza di un comico non è il numero di risate che ottiene, è la profondità degli inferi da cui riesce a cavarle.
                            
                                
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