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Il Bi e il Ba

Di Eichmann, Hildegard Knef e Paolo Mieli

Guido Vitiello

Colui che pianificò lo sterminio industriale di milioni di ebrei si indignò per "Lolita" di Nabokov. Nel '51 il primo nudo nella storia del cinema tedesco fu denunciato come oltraggio al pudore. Non c'entra con Paolo Mieli e Souzan Fatayer, però c'entra

Non c’entra, però c’entra. Hannah Arendt racconta un retroscena del processo contro Adolf Eichmann così perfetto che pare inventato: “A Gerusalemme il giovane poliziotto incaricato di salvaguardare il suo benessere mentale e psicologico gli dette da leggere Lolita, come svago; dopo due giorni Eichmann gli restituì il libro dicendo con aria indignata: ‘Ma è un libro proprio sgradevole!’”. Il senso morale di Eichmann, che era rimasto dormiente mentre pianificava lo sterminio industriale di milioni di ebrei, si era risvegliato sussultando davanti a un romanzo un po’ pruriginoso.

Non c’entra, però c’entra. Verso la fine di Die Sünderin, un film del 1951, la bellissima protagonista Hildegard Knef posa nuda per il suo amante-pittore. E' il primo nudo nella storia del cinema tedesco, e dura appena qualche istante. Ne nasce un caso nazionale, e i tedeschi timorati di Dio denunciano in massa l’oltraggio al pudore. Quarant’anni dopo, in un’intervista, Hildegard Knef rievoca l’episodio: “Voglio dire, un paese che ha avuto Auschwitz e ha combinato cose così orribili e poi, pochi anni dopo, ha reagito in quel modo perché mi si vedeva per un paio di secondi nuda sullo schermo… è del tutto assurdo”.

Ma la storia universale dell’assurdo non finisce certo lì, anzi si va arricchendo di interminabili appendici. Questa, per esempio: una palestinese napoletana, candidata da un partito di sinistra, condivide il rammarico che Hitler non abbia completato l’opera e non sia riuscito a gasarli proprio tutti (lo condivide per errore, per disattenzione sonnambula, per dolo, perché stava solo eseguendo degli ordini? vai a saperlo: sono i sempiterni dilemmi della banalità del male), ma tanti italiani trovano prioritario indignarsi perché un noto giornalista l’ha definita, incidentalmente, “una signora in leggerissimo sovrappeso”. Non c’entra, però c’entra.

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