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Il Bi e il Ba

Femministe tra mondo sensibile e iperuranio

Guido Vitiello

A Verona si è svolto il concilio ecumenico che avrebbe dovuto ricomporre le due anime del femminismo, quella differenzialista (o le aristoteliche, rappresentate da Adriana Cavarero), e quella queer-transfemminista (o le platonico-metafisiche, capeggiate da Judith Butler). Semplice immaginare la questione centrale del dibattito

Me ne convinco ogni giorno di più: intorno alle questioni di genere si combatte sotto mentite spoglie il grande conflitto teologico del nostro tempo.

Un esempio recente. Il 30 aprile, mentre a Roma si preparava il conclave, all’Università di Verona si è riunito il concilio ecumenico che avrebbe dovuto ricomporre le diverse anime del femminismo, l’anima differenzialista e l’anima queer-transfemminista. Fumata nera: per unanime constatazione, lo scisma sommerso non ha fatto che approfondirsi. A disputare erano due filosofe e amiche, Adriana Cavarero e Judith Butler. Raffaello le avrebbe dipinte così: Cavarero con in braccio il suo ultimo libro, Donna si nasce, e la mano rivolta al mondo sensibile; Butler, al suo fianco, con l’indice puntato nell’iperuranio. Il tema era l’etica della vulnerabilità, ma inevitabilmente si è finito per parlare della quaestio che più appassiona la scolastica recente: Utrum trans-mulieres sint mulieres, se le donne trans siano donne.

Disputa che ne sottintende altre, larvatamente calcedoniane, sul rapporto tra le due nature, il sexus anatomicus e la identitas generis vel sexus animae. La rottura insanabile si è prodotta quando Cavarero, materialista temperata, ha affermato che siamo tutti nati da una donna. Sapienza universale (Homo natus de muliere, Iob 14:1) che fino a tempi recenti nessuno avrebbe trovato controversa, figuriamoci offensiva. Ma le platonico-metafisiche, capeggiate da Butler, sono insorte: e allora il parto degli uomini trans o dei non binari? E le donne che non possono avere figli? E le adozioni? (quest’ultima obiezione, troppo stupida per essere vera, voglio sperare sia un errore dei resoconti). Nell’attesa che qualcuno metta in rete il video del concilio di Verona, rilevo intanto uno schema ricorrente: ogni volta che una domanda minaccia di metterli in rotta di collisione con quella realtà che aggirano con mille trucchi linguistici, gli scolastici queer imboccano sempre la stessa via di fuga: “La questione è mal posta”, ti dicono. E tornano nell’iperuranio.

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