Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse

Il Bi e il Ba

Suspence à la Draghi

Guido Vitiello

Pochi fronzoli, la potenza dell'attesa, la misura delle parole: dal suo primo discorso si capisce che il premier ha imparato dall'oratoria gesuita

Forse ero distratto, ma nell’infinito cicaleccio che per settimane ha circondato il silenzio di Draghi non mi pare di aver captato l’informazione essenziale: ha studiato dai gesuiti. “Il non dichiararsi subito tiene gli animi sospesi, e maggiormente dove l’altezza della carica è oggetto dell’universale aspettazione”, e “il cauto silenzio è il santuario della prudenza”, raccomanda Baltasar Gracián nell’“Oracolo manuale” (1647).

 

Sono consigli che andavano bene quattrocento anni fa, prima di internet e della tv, direte voi. Però ci penserei bene prima di barattare Gracián con qualche spin doctor alla David Axelrod che ti sfila di tasca centinaia di migliaia di euro e ti convince – come fece con Monti, in teoria per umanizzarlo – a prendere un maltesino a caso, battezzarlo Empy come Empatia e stritolarlo vivo nello studio della Bignardi. Alla fine Draghi ha parlato, e cosa ha detto? “Non voglio promettere nulla che non sia veramente realizzabile”. Sempre dall’“Oracolo manuale”: “Non intraprender nulla dopo aver suscitato eccessiva aspettazione. E’ delusione frequente di tutte le imprese altamente celebrate in anticipo, non giunger poi al culmine di ciò che s’era concepito. La verità non può mai stare alla pari con quel che l’immaginazione concepisce, perché è facile fantasticare le cose più perfette, ma è assai difficile poi realizzarle”.

 

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