Una scena di "Trail of the Vigilantes" di Allan Dwan (Hulton Archive/Getty Images) 

il bi e il ba

La contromossa del cavallo

Guido Vitiello

Renzi "il sicario" e l'etica da film western che ha travolto i giochi di palazzo


Renzi, il sicario. Bettini dice che non l’ha detto, o forse non si aspettava di vederlo scritto. Caporale, che lo ha intervistato per il Fatto, giura che l’ha detto. Poco importa. Di certo l’aveva detto Tomaso Montanari, secondo cui quando la sinistra si avvicina al potere un “sicario saudita” si trova sempre. E con lui Arturo Scotto di LeU: “Sicario su mandato di interessi politici ben precisi”. Non ne farei una questione. Del resto, anche il New York Times si era chiesto se Renzi avesse agito da “political hit man”. Trovo anzi che l’epiteto abbia una sua verità mitologica.

   

Diceva Beniamino Placido che nei western americani c’è sempre una piccola comunità dove si è insediato un angariatore. “Bisogna chiamare qualcuno che faccia fuori quel nemico, che ce ne liberi. Il nostro salvatore arriva. Ha e sa bene usare le pistole”. Ma poi deve andar via, e se non se ne andasse lo caccerebbero: si è macchiato di sangue, e la comunità “tiene a ritornare pura e innocente”. Tanti si sarebbero sbarazzati volentieri di Conte, anche nella maggioranza, anche nel suo partito. Ma uno solo era abbastanza scaltro con la pistola, e abbastanza odiato da potersi attirare altro odio.   

    

Renzi dice di averne sofferto, e non c’è ragione di non credergli, tanto più che gli imputano lo sparo ma fanno l’impossibile per non riconoscergli il merito delle conseguenze. Fossi in lui, girerei il cavallo.

   

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