La firma del Patto di Mutuo accordo tra L'Unione Sovietica e le Repubbliche della Latvia (Foto LaPresse)

Le amicizie a est le fa la storia. Una rabbia lunga ottant'anni e l'idea di Woody Allen

Micol Flammini

La Polonia e la Russia dopo il patto Molotov-Ribbentrop

Trent’anni fa, nel giorno del cinquantesimo anniversario del Patto Molotov-Ribbentrop, due milioni di persone si presero per mano, una dietro l’altra, fino a formare una lunga catena che collegava Tallinn con Riga, Riga con Vilnius. Estoni, lettoni e lituani volevano dire a tutti, guardateci, siamo poveri, abbiamo vissuto per cinquant’anni sotto il giogo sovietico, e tutto è iniziato da lì, dal patto di non aggressione che la Germania nazista e l’Unione sovietica firmarono il 23 agosto del 1939. Poche settimane più tardi, Hitler invase la Polonia, scoppiò la guerra, il Secondo conflitto mondiale. Ieri Estonia, Lettonia e Lituania – le tre nazioni che si presero per mano contro il comunismo, gesto che proprio ieri i manifestanti di Hong Kong hanno ripreso durante la loro protesta contro Pechino – assieme a Polonia e Romania hanno rilasciato una dichiarazione per dire che quella firma pose le basi per la miseria, le morti, e tutti i crimini “perpetrati sotto l’ideologia del nazismo e dello stalinismo” e hanno chiesto ai governi europei di condurre ancora indagini storiche sui regimi totalitari, perché in tutte quelle verità non ancora raccontate trovano spazio i conflitti, il non detto e le ragioni per le quali la storia dell’est Europa sembra essere rimasta lì, appesa alle domande e alle rivendicazioni.

 

La Polonia da alcuni anni pretende dalla Germania le riparazioni per i crimini di guerra e Berlino le ha risposto che la questione è chiusa, è stata risolta da tempo. Ma quando i paesi dell’est chiedono verità storica è alla Russia che si riferiscono, è da Mosca che pretendono mea culpa. Ma la Russia, in occasione degli ottant’anni dalla firma, si è già affrettata a dire che i sovietici, nello scoppio della guerra non c’entravano nulla. Lo ha detto, con una serie di tweet, l’account della missione permanente della Federazione russa presso l’Osce: “Contrariamente alle accuse secondo cui l’accordo tra Stalin e Hitler ha innescato la Seconda guerra mondiale, l’Urss è stata l’ultimo attore geopolitico costretto a firmare l’accordo con la Germania nazista”. Non la pensava così la Varsavia del 1939 e non la pensa così quella di ora. Ottant’anni fa un settimanale polacco, Mucha, aveva pubblicato una vignetta: Stalin seduto su un trono che tende la mano ispida a un Joachinm von Ribbentrop smilzo e accigliato, al suo fianco se la ride invece Vyacheslav Molotov, sfregandosi le mani e guardando il suo omologo da sotto gli occhialetti tondi. E nella Polonia di oggi, mentre i partiti si fanno guerra in vista delle elezioni del 13 ottobre, ed è una guerra aspra fatta anche di minacce tra politici, il ricordo dello scoppio della Seconda guerra mondiale arriva in tempo per scombinare le carte e diventare materiale per la campagna elettorale. La Polonia dalla storia, soprattutto la sua, è ossessionata, ed è per questo che il passato è spesso entrato in politica e anche nelle strane diramazioni che percorre il presente (come la morte dell’ex presidente polacco Lech Kaczynski, fratello di Jaroslaw, leader del partito di governo PiS, morto su un aereo mentre andava a commemorare i 21.857 polacchi uccisi dai sovietici nel 1940 a Katyn).

 

Tra Polonia e Russia rimangono dissapori e rivendicazioni, è un continuo scrivere romanzi storici, ci sono dispute che vanno avanti da sempre e di terminare non hanno intenzione. A est le amicizie e le inimicizie si scelgono così, sulla base della storia, e lo ha capito bene l’ambasciatore russo a Varsavia che pochi giorni fa ha detto che il dialogo tra polacchi e russi sarà impossibile fino a quando i polacchi non saranno pronti a riconoscere che sono stati loro, i russi, a liberarli dai nazisti. Mentre si avvicinano anni pieni di commemorazioni, la Polonia ricorda bene quando, mentre la città di Varsavia stava cercando di liberarsi dai tedeschi, i sovietici, anziché intervenire e aiutarli, aspettarono al di là della Vistola, in modo che i polacchi capissero che per essere liberati avevano bisogno di Mosca. Che tra polacchi e russi si pongano le basi per una pace storica per il momento è difficile e Varsavia ottant’anni dopo, per i suoi confini ha ancora paura. D’altronde, tra boutade e certezze, il desiderio di invadere la Polonia lo hanno avuto in molti, a qualcuno per averlo bastava poco. Per Woody Allen, ad esempio, era sufficiente ascoltare Wagner.