La sede di Sky a via Salaria

Milano capitale dei media

Redazione

Traslocano da Roma Sky e Mediaset. Risparmi, strategie, online. Ma c’è chi va a Chiasso

474 a zero. Un risultato da ko tecnico, da partita senza storia. E invece la storia c’è, eccome. E’ quella che evidenzia come, nella crisi generalizzata del mondo dei media, il taglio dei costi e le “razionalizzazioni” sia la leva più semplice per tornare a produrre utili. Come in questo caso la “dislocazione” i dipendenti (giornalisti compresi) di due colossi privati della televisione, Sky Italia e Mediaset, ossia due aziende che in teoria, visto il costante boom di ascoltatori (oltre i 25 milioni in prime time e quasi 10 milioni al giorno, di media), non dovrebbero avere problemi di budget. Per cui, il problema è (anche) di strategia, se decidono di dire addio, o quasi, a Roma per concentrare tutte le forze su Milano. Il caso più eclatante è quello della pay-tv di Murdoch che decide di sacrificare la storica sede romana di via Salaria e spostare 310 dipendenti (compresi i 10 in Sardegna) nelle tre torri (la terza è in costruzione) di Milano Santa Giulia. Il risparmio stimato dalla disdetta dei contratti d’affitto nella capitale è di 4 milioni. Il solo canone per le palazzine di via Salaria ammontava a 5,5 milioni annui, ai quali si sommano altri 200 mila euro di costo di un altro edificio. Ma non sarà un abbandono definito di Roma: dal 2018 verrà preso in affitto uno spazio in centro città, a due passi da Montecitorio, per una trentina (dovrebbero essere 27) di giornalisti del Politico: costo 1,7 milioni. E se per 200 dipendenti di Sky non ci sarà più posto in azienda è altrettanto vero che quelli che verranno spostati a Milano – i primi inizieranno ad arrivare a settembre, poi altri a novembre – ci sono benefit e incentivi: rimborso spese per trasloco e viaggio, altri 700 euro al mese per 16 mesi a titolo di contributo spese abitative (gli affitti all’ombra della Madunina sono in media più cari) e altri 10 mila euro lordi complessivi tra inizio 2018 e inizio 2019. Senza trascurare che sono previste tra le altre opzioni, il servizio di ricollocamento professionale in favore di un familiare coinvolto nel trasferimento e servizi di babysitteraggio o assistenza. Insomma, un trasloco soft, non con gli scatoloni di Lehman Brothers. Nel frattempo, con minor enfasi e richiamo mediatico e politico, anche Mediaset ha pensato bene che forse avere 150 dipendenti, giornalisti compresi, a Roma è ormai troppo. E la tecnologia aiuta. Quindi perché non ottimizzare utilizzando le tecnologie digitali? Ovviamente, i sindacati aziendali sono sul piede di guerra: oggi è in calendario il primo dei tre giorni di sciopero del Tg5, ossia la testata colpita dall’ “editto di Cologno Monzese”. Nel quartier generale del Biscione gli uffici sono già quasi pronti. Da settimane, su una porta, è comparsa pure la targhetta con il nome “Clemente J. Mimun”. Le parti stanno trattando. Ma non è da escludere un dietrofront. Se l’Europa riabiliterà il leader di Forza Italia, magari ecco che il Cav. tornerà ad avere bisogno dei suoi uomini nella capitale (del resto non va trascurato il fatto che nei giorni in cui Berlusconi avvicinava Michela Brambilla per il movimento animalista, in casa Mondadori Segrate, stavano già buttando giù il numero zero per un mensile dedicato a Cani & Gatti).

    

Chi la decisione l’ha già presa e comunicata è Libero. Il quotidiano controllato dalla famiglia Angelucci (che controlla anche il Tempo di Roma), dirà addio alle sede capitolina. La versione ufficiale, come ha ribadito anche Vittorio Feltri nei giorni scorsi, è che la politica ormai non tira più. Piuttosto bisogna far crescere il sito online. Ma è altrettanto vero che come in futuro faranno Repubblica, Stampa e Secolo XIX, le sinergie tra Libero e Tempo potranno tramutarsi anche in collaborazioni e trasmigrazioni editoriali di contenuti. Dall’hub di Milano.

    

Ma se da Roma scappano molti gruppi editoriali, a dimostrazione che la vera capitale dell’informazione è Milano, è altrettanto vero che anche nel capoluogo lombardo si iniziano a valutare nuove forme di lavoro giornalistico. E’ di questi giorni la polemica relativa al rafforzamento dell’unità Digital di Hearst Italia che ha sede a Chiasso, in Svizzera. Lì, poco dopo il confine, i content team si occuperanno dello sviluppo dei siti delle testate Elle, Marie Claire, Cosmopolitan, Gioia e Elle Decor. Ma non ci saranno migrazioni di colleghi italiani: i giornalisti delle varie testate resteranno a Milano, semmai dovranno incrementare la produzione editoriale per la parte online. In Svizzera lavoreranno persone che sono già state spostate lì perché avevano contratti a termine. E soprattutto saranno coinvolti giovani “smanettoni” del web. Il sindacato vigila: teme uno spolpamento delle redazioni che però, leggendo anche la nota interna fatta circolare dai vertici di Hearst, non c’è o non si prefigura. Poi come tutti, si fa di necessità virtù. In caso, Milano-Chiasso si fa in meno di un’ora, traffico permettendo.

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