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GRAN MILANO
Edilizia, così ora la giustizia amministrativa dà manforte ai pm
Una “sentenza pilota” che fa da spartiacque tra due opposti orientamenti della stessa giustizia. Sequestri in arrivo?
A Milano gira voce che siano pronti altri 10 sequestri di cantieri. Dopo l’eclatante caso della torre di via Anfiteatro a Brera, che ha dimostrato il palese disallineamento tra giustizia penale e amministrativa, nuovi sigilli potrebbero essere applicati a palazzi che si stanno costruendo in città e che presentano caratteristiche simili. Non si sa quanto questi rumors siano frutto della paura di fronte alla determinata azione della procura o quanto si basino su indizi concreti, sta di fatto che il clima che si respira è che sia tutto in discussione, anche la certezza del diritto. La vicesindaca, Anna Scavuzzo, è stata la prima a mostrare stupore per il sequestro del cantiere di Brera dicendo, in un post su Linkedin, di non comprendere come sia possibile che lo stesso edificio sia stato considerato regolare dal giudice amministrativo e abusivo per la procura.
La stessa Scavuzzo ha affermato che i diversi orientamenti giurisprudenziali stanno disorientando progettisti e funzionari e generando confusione con interpretazione diversa di norme e sentenze. Però il caso di via Anfiteatro è particolare non solo perché il palazzo è stato posto sotto sequestro per un presunto abuso edilizio quando, a fronte dei ricorsi presentati da alcuni cittadini, Tar della Lombardia e Consiglio di Stato, avevano sancito, invece, che le norme sono state rispettate, ma perché rappresenta lo spartiacque tra due opposti orientamenti della stessa giustizia amministrativa sul concetto di rigenerazione urbana. Tra il 2021 e il 2022, prima il Tar e poi il Consiglio di stato, nel rigettare i suddetti ricorsi, stabilisce il principio che il rispetto delle volumetrie preesistenti, anche in presenza di una nuova sagoma dell’edificio, non configura una nuova costruzione e, dunque, il permesso di costruire usato per il palazzo di Brera (la Scia) è stato perfettamente legittimo.
La procura di Milano la pensa diversamente, ma, per quanto paradossale, non è questo il punto. La sentenza emessa i primi novembre dal Consiglio di Stato per un edificio in via Fauché, un caso non identico ma perfettamente assimilabile a quello di Brera, boccia l’intervento di demolizione e ricostruzione stabilendo che si tratta di una nuova costruzione mascherata da rigenerazione urbana. In pratica, vengono invalidate le autorizzazioni edilizie date dal Comune per il fatto che il nuovo edificio ha dimensioni (superficie e altezza) maggiori del preesistente. E, dunque, in via Fauché serviva un piano attuativo. Così la giustizia amministrativa ha cambiato il suo orientamento nel giro di tre o quattro anni e oggi appare sostanzialmente in linea con l’interpretazione dei giudici penali. Quella di via Fauché è considerata una sentenza pilota. Per quanto nel sistema giuridico italiano le sentenze precedenti non abbiano valore di legge, come succede in quello americano, hanno comunque una certa influenza. Insomma, fanno giurisprudenza. E forse è per questo che si aspettano nuovi sequestri: la giustizia amministrativa non camminerà più su un binario parallelo a quello della procura rischiando di suscitare il dubbio di un conflitto tra poteri com’è successo per Brera, ma su un unico binario.
Il Comune di Milano lo ha capito da tempo ed è per questo che, eccetto la reazione della Scavuzzo, mantiene ormai un profilo basso preferendo implementare il “new deal” dell’urbanistica milanese che passa attraverso le “misure rimediali”, approvate qualche settimana fa dalla giunta di Beppe Sala, di cui sono state appena pubblicate le procedure di attuazione. In pratica, chi vuole mettersi in regola, si autodenuncia, chiede la verifica sul permesso edilizio in suo possesso, compensa gli oneri di urbanizzazione con il Comune e, infine, si presenta davanti ai giudici sperando in uno sconto della pena. Questo nuovo iter ha il vantaggio di rimettere in moto la macchina amministrativa poiché ha creato uno schema procedurale e normativo a cui chi investe può fare riferimento senza il timore di incappare in guai con la legge, ma ha il difetto di non gestire in modo efficace il pregresso. Si racconta di meeting online fino a notte fonda in cui gli operatori esteri, in collegamento con i legali e i referenti italiani coinvolti nei progetti sotto sequestro o che rischiano di essere sequestrati, cercano una via d’uscita al blocco dei cantieri, che vorrebbe dire anche poter consegnare le case a chi le ha acquistate. Ma non sarà facile ora che la giustizia amministrativa ha cambiato così radicalmente il suo orientamento, senza, forse, valutare a fondo l’impatto sulle relazioni economiche e commerciali e sulla credibilità del paese.