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Così l'Ambrosiana sta diventando un museo totale per Milano

Francesca Amé

Dai tesori di Leonardo e Caravaggio alle visioni disturbanti di Samorì: la storica istituzione milanese cambia passo e mostra come l’innovazione possa convivere con l’eredità più preziosa

Scena ormai ricorrente davanti all’Ambrosiana di Milano: gruppi di turisti da Est o dal Far East, radunati in religioso silenzio davanti alla guida, ascoltano la storia della Pinacoteca e della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, che il cardinal Federico Borromeo ai primi del Seicento “ideò con sì animosa lautezza ed eresse, con tanto dispendio, dai fondamenti” (citando ovviamente Alessandro Manzoni, gran mentore di Federico). Altra scena ricorrente, una volta entrati: sale piene (non stipate, ma piene) e pubblico di età variabile, non solo capelli grigi. Istituzione prestigiosa depositaria di tesori inestimabili – citiamo il minimo sindacale: in Biblioteca, il Codice Atlantico di Leonardo, in Pinacoteca La canestra di frutta di Caravaggio, il Ritratto di Musico di Leonardo, il Cartone della Scuola di Atene di Raffaello e poi Tiziano, Brueghel, Tiepolo, Appiani, Hayez – l’Ambrosiana si è scrollata di dosso la nomea di “bella e impossibile”, puntando sull’accessibilità anche attraverso la diversificazione delle sue proposte. Così, mentre due fini studiosi del collegio dei dottori dell’Ambrosiana come Marco Crimella e Francesco Braschi hanno curato “Lampi di luce”, mostra-gioiello dedicata alle miniature di alcuni dei volumi custoditi nella Biblioteca, nello stesso periodo, oltre alla già enorme collezione permanente, il visitatore può virare sul contemporaneo. E’ aperta, infatti, fino al 13 gennaio “Classical Collapse”, progetto di Nicola Samorì, artista 48enne che vive e lavora a Bagnocavallo, in provincia di Ravenna, e che ha attirato su di sé l’attenzione di gallerie e musei italiani e stranieri. Nelle sale della Pinacoteca Samorì si confronta niente meno che con il Cartone di Raffaello, realizzando un monumentale dipinto dal titolo La Scala dove corpi evanescenti salgono e scendono in uno spazio incerto: è interessante la tecnica, ché l’artista lavora per sottrazione su una base di argilla, gessi e tempera e da lì fa emergere le figure. Un suo intervento scultoreo si trova anche nella sala dello scultore lombardo cinquecentesco Agostino Busti, detto il Bambaia, e varie nature di morte floreali, che rimandano a quelle di Jan Brueghel della collezione permanente, è esposta nella sala Federiciana. Appare infine particolarmente riuscita l’installazione di Samorì nella Cripta: le sue sculture di legno, figure esangui alte oltre tre metri, sono perfette per lo spazio (sempre di gran fascino: è sul retro dell’Ambrosiana, con entrata a parte). La mostra, curata da Demetrio Paparoni, mons. Alberto Rocca, direttore della Pinacoteca Ambrosiana ed Eike Schimdt, già direttore degli Uffizi ora al Museo e Real Bosco di Capodimonte, si svolge nello stesso periodo su due sedi: in Ambrosiana e a Capodimonte, per un totale di una cinquantina di opere, e testimonia il nuovo corso dell’Ambrosiana, più disponibile a nuove collaborazioni e quindi a nuovi pubblici. Fecondo, in particolare, il rapporto con la Campania: ha infatti appena inaugurato a Napoli, nel complesso monumentale di Santa Chiara, anche una mostra dedicata al Codice leonardesco (sei pregiati disegni dell’Atlantico sono esposti a rotazione nel celebre chiostro maiolicato). La produzione è di Arthemisia, che già in passato aveva fatto viaggiare altri tesori dell’Ambrosiana (La canestra di Caravaggio era stata protagonista di una mostra ad Asti, lo scorso anno). Il nuovo “metodo ambrosiano” – che ha sorpreso non pochi addetti ai lavori – vede la Veneranda istituzione più aperta a contaminazioni varie (lo scorso anno accolse, ad esempio, la mostra di Filippo Sorcinelli, stilista noto per aver firmato paramenti liturgici degli ultimi tre Papi), più generosa nei prestiti e più accorta nelle strategie. Basterebbe dare un’occhiata ai nuovi orari di visita: in controtendenza con gli altri musei civici, la Pinacoteca e la Cripta sono aperte il lunedì (chiudono invece il mercoledì). I dati comunicati al Foglio dall’istituzione dicono che il nuovo corso funziona: dopo il record di presenze dello scorso anno (300 mila visitator), il 2025 segna un’ulteriore crescita, con una media di 40 mila ingressi al mese che farà mezzo milione di biglietti staccati a fine anno. “In quattro anni siamo passati da 60mila visitatori a circa 500mila, con il terzo bilancio in attivo – commenta Antonello Grimaldi, segretario generale dell’Ambrosiana – Non si tratta di un miracolo ambrosiano, ma del frutto di una gestione manageriale che rompe con i canoni gestionali tradizionali degli enti culturali”. Chissà se altri prenderanno nota.

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