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Gran Milano
La casa a 10 euro, provocazione ma non solo, ora va a Strasburgo
Franco Guidi, Ceo di Lombardini22, rilancia al Parlamento europeo la proposta di case a 10 euro al metro quadro per affrontare la crisi abitativa, partendo dal reddito reale e non dalla rendita. Il progetto è nato come una provocazione a Milano, ma ora si propone come modello replicabile a livello europeo
Un anno e mezzo fa Franco Guidi, amministratore delegato dello studio di design e progettazione Lombardini22, lanciava l’idea di alloggi a 10 euro al metro quadro, prezzo che, a suo parere, avrebbe sbloccato il mercato rendendo Milano una città più inclusiva. All’epoca sembrava una provocazione, ma poi sul tema immobiliare è successo di tutto, comprese le indagini della Procura che hanno messo in difficoltà la giunta di Beppe Sala, evidenziando un malcontento sociale con cui la politica sta facendo i conti. Non solo in italia. Guidi, infatti, è tornato a parlare della sua proposta al Parlamento europeo su invito dell’economista Irene Tinagli, che presiede la Commissione speciale sulla crisi abitativa. “Casa a 10 euro è per noi la soluzione per Milano e per le diverse città europee che vivono situazioni molto simili”, spiega Guidi in un colloquio con Il Foglio, “Pensiamo che questo modello possa dare una risposta all’esigenza di riportare la classe media nei centri urbani: 600 euro al mese per una coppia che guadagna complessivamente 2400 euro, quindi meno del 25 per cento del reddito, è una somma per può generare 45 metri quadrati dignitosi”.
La casa a 10 euro al giorno (per ciascun componente della coppia) è per lo studio Lombardini22 una strategia progettuale che ribalta la logica del ritorno finanziario per dare priorità alla dignità abitativa e all’inclusività. Otto anni fa fu Giuseppe Guzzetti, all’epoca presidente della Fondazione Cariplo e padre dell’housing sociale, a spiegare davanti al Parlamento europeo il modello Milano e Lombardo fondato sulla sostenibilità. Poi lo sviluppo immobiliare di Milano ha attratto soprattutto investitori esteri, i prezzi sono lievitati alle stelle e un paio di anni fa sono scoppiate le proteste degli studenti con le tende. “In realtà quelle proteste nascondevano un disagio più grande che è quello di tutta la classe lavoratrice che non riesce più a trovare una dimensione abitativa a prezzi accessibili, noi stessi come studio abbiamo difficoltà ad attrarre giovani architetti e progettisti per lo stesso motivo”. Ma è davvero possibile costruire a prezzi abbordabili a Milano? “Lo è se non si parte dalla rendita attesa, ma dal reddito reale disponibile”, osserva Guidi, che ha avviato un progetto pilota a Saronno, in provincia di Varese. “E’ un cambio di paradigma che parte dal presupposto che l’emergenza abitativa non è solo una questione edilizia ma coinvolge infrastrutture, mobilità e governance urbana”. Ma come si fa nel concreto, con quali capitali? “Il discorso è questo: se si parte da un certo reddito medio della classe lavoratrice oggi si arriva a un rendimento per chi investe di circa il 4 per cento, compreso l’inflazione. E’ troppo poco per alcuni? Forse non lo è se si riduce il rischio di morosità e si accorciano i tempi degli iter burocratici per costruire. Voglio dire che ci sono anche altri fattori che giocano se l’obiettivo è costruire un asset class di comunità, cioè un investimento appetibile e che allo stesso tempo risponda a un bisogno comune. Ci si può riuscire se si crea una filiera abitativa come si fa con l’industria dell’auto: composta da una catena di soggetti in cui ognuno fornisce il suo contribuito e si possono creare economie di scala”.
Come è stata presa la vostra idea al Parlamento europeo? “Mi pare abbia suscitato un certo interesse. E’ stato posto un punto di attenzione sul rischio di standardizzare troppo i processi di edificazione, un aspetto a cui i costruttori locali sono molto sensibili. Naturalmente, bisogna trovare dei bilanciamenti ed è possibile farlo, a mio avviso, in un modello di cooperazione pubblico-privato che coinvolga capitali nazionali”. Pensa anche lei che si è esagerato con gli investitori esteri? “Non dico questo, dipende dai tipi di interventi, sono convinto che esistono soggetti finanziari in Italia che oggi dispongono di masse ingenti di liquidità che potrebbero essere interessati a patto che la politica svolga il suo ruolo di indirizzo in questo senso. E a patto che anche architetti e progettisti si rendano conto di una cosa. Quale? “I progetti che possono funzionare sono quelli in cui è previsto un mix di funzioni con livelli di rendimento differenti che si compensano tra loro. Funzioni commerciali o come quelle di B&B non vanno criminalizzate perché possono contribuire a rendere sostenibile la parte residenziale”. Il piano casa del Comune va in questa direzione? “Ci sono aspetti interessanti e prova a risolvere il problema ma forse l’obiettivo di far pagare le case 80 euro all’anno al metro quadrato è un po’ troppo ambizioso. E’ un peccato che, con tutto quello che è successo, l’assessore Guido Bardelli se ne sia andato, ci stava mettendo testa e cuore in questo piano, sarebbe stato interessante confrontarsi per raggiungere un punto di accordo”. Ieri, lo studio Lombardini ha presentato il progetto dei Social Hub di Porta Genova, realizzato nell’ambito del piano di riqualificazione della vecchia stazione. “Ci sarà anche uno spazio per il ristoro dei rider, non se ne può più di vedere questi ragazzi affaticati e sudati che aspettano in mezzo alla strada le chiamate per le consegne”. La dignità urbana è anche questa.