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Gran Milano

La guerra dei pm all'urbanistica e una sentenza che sarà decisiva

Mariarosaria Marchesano

Mentre il decreto "Salva Milano" è ancora in discussione, la città cerca di risolvere il problema degli abusi edilizi partendo dal cantiere di via Lepontina: il progetto "Il giardino segreto" è stato sequestrato e un ricorso al Tribunale del Riesame potrebbe stabilire un importante precedente

Mentre il decreto cosiddetto “salva Milano”, secondo una definizione che Beppe Sala ha definito “odiosa” perché Milano non ha bisogno di essere “salvata” ma semplicemente “aiutata”, sarà discusso in Parlamento, con tempi che si annunciano più lunghi, la speranza della città di trovare una via d’uscita al gran pasticcio immobiliare si concentra intorno a uno dei casi più discussi di presunti abusi edilizi, quello di via Lepontina, zona Isola. Il cantiere per costruire “Il giardino segreto” è stato posto sotto sequestro dalla Guardia di finanza con l’accusa di lottizzazione abusiva e abuso d’ufficio. Insomma sarebbe un’operazione simbolo del malcostume che, secondo la procura, è diventato imperante grazie a una interpretazione troppo flessibile delle normative urbanistiche. Ebbene, secondo quanto risulta al Foglio, avverso il provvedimento di sequestro è stato presentato un ricorso al Tribunale del Riesame, il quale dovrebbe emettere una sentenza a stretto giro, entro giugno, trattandosi di una procedura d’urgenza. Il ricorso prova a smontare completamente la tesi della procura sulla base del fatto che è stata una legge dello stato – la 76 del 2020 contenuta nel dl Semplificazioni – a consentire che gli interventi di demolizione e ricostruzione possano essere anche “infedeli”, vale a dire che la nuova opera non assomigli affatto alla precedente in ampiezza, altezza e anche come destinazione d’uso. L’importante è rispettare le volumetrie e anche qui la stessa legge ammette un limitato margine di aumento a determinate condizioni.
 

Insomma, se da un capannone industriale in disuso è stato tirato su un palazzo di 7 piani, come nel caso di via Lepontina, chiedendo al Comune una semplice “Scia” (denuncia di inizio di attività) e non un vero permesso di costruire o un piano attuativo, questo non dovrebbe costituire alcuna forma di reato perché è previsto espressamente dalla normativa. Se il ricorso avesse successo, la sentenza rappresenterebbe un precedente importante per tutti gli altri casi di presunti abusi edilizi. Va detto che a fronte della decisione del Riesame è sempre possibile il ricorso in Cassazione, ma in via diretta e, dunque, con un accorciamento dei tempi notevole rispetto a un normale processo amministrativo che dura almeno quattro anni. In tutto sono 150 le operazioni potenzialmente attaccabili dai magistrati, ma solo su quattro o cinque sono scattate le indagini e solo per una (Isola) è stato chiesto il sequestro del cantiere. Insomma, via Lepontina rischia di diventare un caso di scuola nella controversa vicenda che ha praticamente bloccato gli interventi di rigenerazione urbana a Milano, terrorizzato i funzionari del Comune che rilasciano le autorizzazioni, fermato il fondamentale flusso di entrate per Palazzo Marino derivante dagli oneri di urbanizzazione e gettato nell’incertezza tante famiglie che hanno acquistato appartamenti nell’ambito di progetti immobiliari che credevano perfettamente regolari. Le indagini giudiziarie, inoltre, hanno quantomeno spaesato gli investitori, soprattutto internazionali, che hanno contribuito al rilancio di Milano negli ultimi vent’anni. Quello in atto, infatti, è un tipo scontro tra magistratura e imprese, con il coinvolgimento della pubblica amministrazione, che non si vedeva dai tempi di Tangentopoli. Ed è anche molto complicato capire quale sia la soluzione sul piano pratico visto la piega “politica” che ha preso la vicenda alla vigilia delle elezioni europee.
 

Parlare, infatti, di “condono” come ha fatto il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, riferendosi all’intervento legislativo che bisognava approvare in tempi rapidi per fare chiarezza sulla interpretazione della legge del 2020 non ha aiutato, anzi, ha contribuito a intensificare il clima di sospetto che ha favorito l’intervento del Quirinale con la richiesta di passare la palla al Parlamento per una discussione più ampia e attenta della norma che dovrebbe “salvare” o “aiutare” Milano. Intervento che a Salvini non sarà troppo dispiaciuto visto che si è trovato di fronte all’imbarazzante condizione di gettare un salvagente a un diretto concorrente politico (Sala) a poche settimane dal voto. Ora toccherà alle Camere fornire una interpretazione “autentica” di una legge che a Milano e in tutta Italia viene applicata da quattro anni. Fu approvata dal governo Conte 2 (Lega, M5s e Pd) in piena pandemia con l’obiettivo di rilanciare l’economia incentivando la rigenerazione urbana nelle città. In che modo? Fu cambiata, nel plauso generale, la definizione stessa di “ristrutturazione edilizia”. Testualmente: “Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì altri interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diverse sagome, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche”. E ancora: “L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente e dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”. Infine: “Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.
 

Da questo impianto normativo, che si discosta palesemente dal regime storicamente più restrittivo in materia di ristrutturazioni edilizie e, per la verità, anche dal buon senso comune, sono scaturite opere completamente nuove classificate come “ristrutturazioni”. È qui che è intervenuta la procura di Milano asserendo, in buona sostanza, tre cose. La prima è che per queste iniziative occorre un permesso per costruire e non una Scia. La seconda è che se l’edificio è più elevato di 25 metri e presenta un indice edificatorio superiore a 3 serve un piano attuativo del Comune. La terza viene di conseguenza: gli oneri di urbanizzazione da riconoscere al Comune devono essere più elevati. Sempre rispetto alle azioni della procura milanese, questa volta però in tema di cortili ritenuti abusivi, la Cassazione è già intervenuta disponendo il dissequestro di un cantiere di Piazza Aspromonte. Ma questa, per quanto simile, è un’altra storia. Ora toccherà al Riesame decidere sul progetto di via Lepontina, che assomiglia a tanti altri in città. Le aspettative sono elevate poiché, in uno stato di diritto, il punto non è se la legge del 2020 è bella o brutta o che ne pensi la procura, ma se il “Giardino segreto” l’ha rispettata. Poi, certo, le leggi si possono sempre migliorare.

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