Pasticceria Cucchi / Pagina Facebook

Caffè Cucchi, nuova storia

Francesca Amé

La storica pasticceria cambia padrone, ma non cambia. Leggende milanesi

Il Caffè Cucchi non è più Cucchi. È diventato Monti, ma in fondo è rimasto lo stesso. Buon per i milanesi, quelli storici e un poco tradizionali, costantemente alle prese con una città che più trasformativa, persino al bancone del cappuccino mattutino, non si può. Ma a volte, per dirla gattopardescamente, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. E così è successo in questa storia meneghina da bancone. Da qualche settimana, infatti, la pasticceria Cucchi, sentinella di Corso Genova famosa per i dolci, per i budini e per il panettone, dopo quasi un secolo non appartiene più alla famiglia fondatrice. Dietro allo storico bar ora compare un altro cognome pure celebre dell’ospitalità made in Milan: si tratta di quei Monti che già idearono la Trattoria da Giacomo, posto d’elezione della buona borghesia, e poi il gruppo Giacomo Bistrot (ceduto alla monzese famiglia Rovati, ramo farmaceutico, che nel frattempo ha aperto una Fondazione d’arte in corso Venezia al cui ultimo piano spicca il ristorante by Andrea Aprea: un’altra storia da bancone milanese che meriterebbe un racconto).

 
Leggendo la notizia che il caffè Cucchi non è più Cucchi, il pensiero va alla faccia che avrebbe in questi giorni Cesare Cucchi, padre anzi patron indiscusso e indimenticabile della caffetteria di Corso Genova che è diventata negli anni un’istituzione di Milano. Scomparso da cinque anni, Cesare Cucchi ha passato una vita intera attorno ai tavolini di quel caffè (ma all’epoca si chiamava bar) che il padre Adriano ebbe l’ardire di aprire nel ’36, quando lì attorno c’erano più campi che soldi da spendere. Adriano non difettava d’inventiva: teneva il locale aperto fino a notte fonda, chiamava gli artisti a esibirsi e in poco tempo trasformò quelle vetrine nel posto più alla moda della città. E quando la guerra rovinò il locale, a metà anni Quaranta, il Cucchi era già pronto a ricostruire e a ricominciare. Buon sangue non mente: il figlio Cesare ha cavalcato il boom economico ampliando il locale, potenziando la pasticceria e puntando molto sull’aperitivo.

 

A Milano c’erano due fazioni: chi beveva il Cucchi con bitter, Biancosarti, brandy e ghiaccio, e chi si dava al Negroni (poi anche Sbagliato) del Bar Basso. Davanti ai tendoni del Caffè Cucchi il quartiere Ticinese ha cambiato pelle: dagli anni Novanta, quando il signor Cesare è stato affiancato dalle figlie, Laura e Vittoria, da sconquassata periferia è diventato ritrovo apparecchiato a dovere per artisti o presunti tali e meta perfetta, prima del boom dell’Isola, degli “alternativi” (quando non si chiamavano ancora hipster). Il resto è cronaca: tra studenti, professionisti, abitanti della zona e gente di passaggio, non c’è persona che non si sia fermata almeno una volta da Cucchi per un caffè.

 

Le chiusure durante la pandemia, una certa stanchezza determinata dal rincaro dei prezzi e da una città che esige massima elasticità negli orari e nell’offerta dei prodotti, ma che allo stesso tempo vede nascere nuove insegne ad ogni angolo, hanno portato le sorelle Cucchi a cedere, dopo tre generazioni, il gioiello di famiglia. In pasticceria ora comandano Elena e Giulia Monti e questo dolce passaggio, tutto al femminile e all’insegna della tradizione, stempera l’amarezza. 
 

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