Foto Ansa 

Gran Milano

Cinque ex sindaci insegnano ad “amare Milano” (ce n'è bisogno) 

Daniele Bonecchi

Al teatro Franco Parenti, il Centro Studi Grande Milano ha chiamato a raccolta i suoi migliori ambasciatori: un evento per trasmettere energia (e dare anche la sveglia) alla città

Una capitale senza Stato, o una città-stato senza ambasciatori che sappiano darle voce. Spesso, purtroppo, l’immagine di Milano è questa qui. Fortunatamente c’è chi dice (e fa) esattamente il contrario. Milano non vuole essere una “città-stato”, ma una “Grande Milano” sì. Con i suoi ambasciatori nel mondo.

Ed ecco allora, martedì scorso, al Franco Parenti il Centro Studi Grande Milano – che da sempre si batte perché la città (intesa come grande città: metropolitana) sia all’altezza del suo nome e del suo contributo di sviluppo e crescita – ha chiamato a raccolta i suoi migliori ambasciatori, cioè cinque sindaci del recente passato, e ovviamente Beppe Sala, per trasmettere energia (e dare anche la sveglia) alla città: “Amaremilano e il suo destino”, era per l’appunto il titolo dell’evento. 
Un evento che, nello stile ottimista e propositivo che caratterista il Centro studi presieduto da Daniela Mainini, voleva essere innanzitutto un abbraccio corale della (e alla) città, coi cinque sindaci del passato: Paolo Pillitteri, Piero Borghini, Gabriele Albertini, Letizia Moratti, Giuliano Pisapia, più il titolare in carica. Voleva esserlo e lo è stato, ma la differenza, palpabile, rispetto a un clima di ottimismo diffuso che ha contraddistinto “il racconto” di Milano negli anni precedenti – quando appunto i cinque “ambasciatori” hanno tracciato un solco preciso per la capitale morale e il suo skyline che andava mutando – quest’anno non si poteva nascondere qualche ombra, qualche preoccupazione per il futuro. 
A officiare la cerimonia all’ex “Salone Pierlombardo”, dove Franco Parenti e Ruth Shammah hanno fatto la storia del teatro italiano, c’era ovviamente Daniela Mainini, che in apertura, ottimamente, ha ricordato il sindaco più amato dai milanesi: Carlo Tognoli, scomparso nel 2021.

Un parterre di tutto rispetto, con la scienziata visionaria Amalia Ercoli Finzi (la più divertente) a caccia dei grandi della cultura per le vie di Milano; Paolo Jannacci al pianoforte che ha proposto, con carattere e passione degne del padre, i sapori della città che fu; Ferruccio Resta, “ambasciatore” dell’immagine del Politecnico che ha guidato, e che è oggi l’università italiana più apprezzata al mondo, nonché quella più vicina al sentiment (come si dice oggi) costruttivo, innovativo e internazionale dei lombardi. Poi Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, a tessere la tela della città operosa. E poi gli ex sindaci, che con navigato linguaggio hanno accettato di essere “richiamati in servizio” per servire la città, le cui lodi hanno tessuto con maestria da amministratori consumati. Parlano tutti, Piero Borghini, coi suoi 13 mesi di mandato in piena Tangentopoli ma che hanno tenuto la barra della buona amministrazione, e con la Guardia di finanza alla porta è riuscito a dare una nuova sede alla Fiera di Milano, un profilo innovativo alle partecipate e una raccolta d’arte tra le più importanti al mondo al Comune di Milano. Letizia Moratti, la più attiva oggi sulla scena politica, ricorda il successo di Expo, e generosamente riconosce: “Tutto merito della città”.
 

Ma poco dopo alla buvette, nei Bagni Misteriosi, con meno ufficialità, le cose cambiano un po’. Perché il presente di Milano, anche agli occhi di chi l’ha guidata, è fitta di interrogativi. Si è appena conclusa una trionfale week della moda, ma incombe sul futuro la storia infinita sullo stadio di San Siro, sfuggita al controllo di tutti: dall’amministrazione alle società alle parti politiche. I Navigli da riportare alla luce sono rimasti un sogno di cui un po’ ormai ci si vergogna, mentre le ingombranti piste ciclabili che sempre più stringono il traffico, ma senza riuscire a produrre sicurezza sono uno dei busillis da risolvere. E infine la fame di case per giovani coppie e studenti, l’urgenza delle urgenze del “place to be” in cui per molti è diventato impossibile esserci. Paolo Pillitteri, interrogato sullo stato di salute della giunta Sala rispetto ai grandi dossier, col sorriso sornione di sempre risponde con una domanda piena di sottintesi: “Come sono andate le vacanze estive?”. Più esplicito, come sempre, Gabriele Albertini, che a domanda invece risponde: “Non so se ha perso l’anima Milano, forse la sta ritrovando, sta riconciliandosi con sé stessa. Sala però non è stato sé stesso, non ha fatto il manager. Ha fatto il politico con appartenenze, piuttosto che col piglio civico secondo il genius loci: la capacità di fare, di acquisire le risorse soprattutto dalla società civile e di ascoltare un po’ meno i verdi talebani”, conclude. Buon lavoro sindaco.

Di più su questi argomenti: